Era il lontano 2017 quando The Legend of Zelda: Breath of the Wild sbarcò sul mercato di Nintendo Switch e Wii U e dal quel momento il mondo dei videogiochi venne indissolubilmente cambiato, tanto è vero che proprio da quell’anno i titoli simili e che prendevano spunto da quest’ultimo aumentarono decisamente. A qualche anno di distanza il titolo Nintendo riesce ancora a ispirare molti degli sviluppatori compresi quelli di Caracal Games, lo studio italiano autore di titoli come il platform OkunoKa e il gioco incentrato sul parkour Downward, che con il suo Star Overdrive cerca di dare nuova linfa al genere prendendo e modellando alcuni aspetti di Breath of the Wild cercando però di distanziarsi da quest’ultimo puntando su una sua identità a suon di musica. Basteranno le modifiche apportate dal team ad una formula estremamente collaudata e di successo per dar vita ad una produzione degna di nota? Scopriamolo insieme in questa recensione.
A spasso su Cebete
Il team di Caracal Games affida le redini della sua nuova avventura a Bios, un esploratore spaziale che, mentre è alle prese con una ricognizione con la sua navicella, si imbatte in un segnale di SOS proveniente dal pianeta di Cebete. La richiesta proviene da una conosciuta biologa di nome Nous, che era data per scomparsa qualche anno prima al seguito di un incidente avventuo nel corso dei suoi esperimenti. Il protagonista è subito preso dalla richiesta e si butta a capofitto nella ricerca in quanto aveva un legame profondo con la ragazza ma, proprio mentre sta per atterrare sul pianeta sconosciuto, la navicella si schianta al suolo costringendo Bios, stordito e vivo per miracolo, a partire alla ricerca via terra armato della sua Keytar uno spadone musicale che ricorda il DLC di Afrojack per Final Fantasy XV. Ed è così che parte l’esplorazione sul pianeta Cebete con il protagonista che muovendosi tramite la sua tavola da surf antigravità deve scoprire dove si trova la compagna, se è ancora viva o se è tenuta prigioniera da qualche losco individuo; nella decina di ore che serve per portare a termine la campagna la trama prosegue abbastanza linearmente senza troppi spunti degni di nota ma tenendo comunque un filone amoroso con uno sfondo fantascientifico.

Acrobazie sull’hoverboard
Proprio da Breath of the Wild il team di sviluppo ha preso ispirazione per dar vita ad un gameplay che fa dell’esplorazione il suo focus principale con Bios che deve farsi largo tra immense i diversi biomi come distese desertiche o strutture artificiali utilizzando il suo hoverboard con tanto di sistema di acrobazie in maniera analoga al più classico degli ssx. Spostarsi da un punto di interesse all’altro infatti è l’occasione per sperimentare sempre più trick con la tavola guadagnando sempre più velocità anche grazie alle moltissime rampe disseminate per le aree di gioco; il tutto gestito dalla levetta destra che permette di articolare e concatenare salti mortali, piroette e così via.
Piedi per terra invece l’hoverboard diventa una tastiera ma non per suonare, bensì per colpire nemici e oggetti che ci sbarrano la strada con la possibilità di muoversi tramite un jetpack che permette di coprire distanze maggiori o di sprintare in avanti.
Con queste modalità d’azione troviamo le sezioni più importanti del gioco, ovvero le Miniere, dei dungeon sotterranei pieni di enigmi che prendono spunto da quelli visti in Beath of the Wild con tanto di poteri da sbloccare in quest’ultimi chiamati Nastri permettendo al protagonista di migliorare le proprie abilità: si va da spostare oggetti molto pesanti a fermare il tempo oppure lanciare missili per attivare dei meccanismi difficili da raggiungere.
Nel mondo di gioco poi si trovano anche le Zone di Caccia, delle aree dove sono presenti dei mostri mastodontici simili a quelli visti per esempio in Dune, dove è essenziale sapere come muoversi e come attaccare quest’ultimi per aver la meglio e sbloccare risorse rarissime molto utili per il crafting dei vari potenziamenti.
Nel complesso il titolo prende spunto da diversi giochi mettendo insieme più stili di gameplay riuscendo comunque a dar vita a delle sessioni piacevoli senza però godere di uno spunto determinante, manca forse quel quid in più confezionare un prodotto più profondo.

Sonoro artistico
Il gioco punta forte sul Cel Shading dando vita a delle ambientazioni davvero curate con colori vivaci che danno sempre un bel colpo d’occhio accompagnate dalla vera star del gioco che risulta la colonna sonora con spunti degli anni 70′ con l’Hard Rock che la fa da padrone riuscendo ad enfatizzare al meglio tutte le fasi a bordo dell’overboard e degli scontri epici contro i nemici.
Qualche punto in meno invece per quanto riguarda le animazioni che risultano abbastanza legnose soprattutto nelle fasi a terra del protagonista che sembra in alcune occasioni un po’ impacciato, così come nei combattimenti dove sono visibili alcune incertezze.

Derivativo ma bello
Star Overdrive è un titolo interessante che mette in mostra delle idee interessanti unendo uno spirito action adventure ad uno più frenetico dato dagli spostamenti nella mappa di gioco tramite l’hoverboard. Nel complesso il lavoro di Caracal Games è buono anche se non perfetto e in alcuni casi potrebbe dare una sensazione di già visto dato le sue ispirazioni da titoli come Breath of the Wild.
*Versione Testata: PS5, grazie al codice fornitoci dal publisher