*Recensione già pubblicata a gennaio, ma persa nel trasferimento del sito sul nuovo server.
Red Borg è un gioco di ruolo da tavolo dissacrante, feroce e ironicamente sovversivo, nato da un’idea di Amos Pons e pubblicato dal collettivo indipendente Mondiversi, con la collaborazione di figure come Marco Marangoni (scrivano del popolo), Elena Erasmi (ministro dell’istruzione e delle correzioni bozze), Carlo Piu (artista proletario), Umberto Spaticchia (grafico), e la propaganda affidata a Officina Meningi. Questo gioco utilizza il motore di MÖRK BORG, a cui è dichiaratamente ispirato, e si presenta con lo stesso stile caustico, impattante e grottescamente poetico. L’intero progetto è un inno alla ribellione dei miserabili, una parodia devastante della guerra di classe, un manifesto rivoluzionario giocabile.

Sin dall’apertura, Red Borg si rivela per quello che è: un trattato pseudo-marxista distillato in pamphlet narrativo, una satira esagerata del potere, della religione, della guerra e del capitalismo. Il primo capitolo, Introduzione, immerge il lettore in una voce narrante che si confonde con quella di un oratore politico ubriaco di retorica, ma perfettamente lucido nei bersagli. Qui si delineano il tono, lo scopo e la natura del gioco: non solo sopravvivere, ma cambiare il mondo, attraverso il sangue, la musica e l’ideologia.

Il cuore pulsante del manuale è la sezione dedicata al mondo di gioco. Ogni territorio, dalla Città di Giada, con le sue fabbriche-lager e la propaganda mentale, fino alla Palude di Werk, infestata da zanzare, alligatori e fatiche agricole, è una caricatura grottesca delle storture sociali e dei drammi economici moderni. Altri scenari includono Hamilcara, una terra di tradimenti politici ed equilibri instabili, Pinerolia, crocevia di guerre e nostalgie monarchiche, e infine le Lande Ghiacciate, rifugio di diseredati e minatori impazziti. La guerra, nel mondo di Red Borg, non è mai giusta: è solo il parossismo dell’idiozia organizzata.
La religione è trattata con il cinismo feroce dei grandi satiristi: i preti sono inquisitori che bruciano vivi i dissidenti per spettacolo, la Grande Cattedrale un teatro di carne e dogma e la fede solo un’arma del potere. Ogni istituzione è una parodia, e ogni dettaglio, dalle società segrete come I Compagni Che Picchiano Duro, all’enigmatico Ultimo Sabbath, arricchisce il gioco di opzioni narrative cariche di sarcasmo e potenziale tragico. La guerra, i tiranni, i mercati neri, tutto viene restituito con una voce narrativa che ricorda un mix tra Animal Farm e La Vita è Bella, ma calato in un delirio da bunker con bottiglie rotte e manifesti rivoluzionari.

Il sistema di gioco è basato sulle regole semplificate di MÖRK BORG, ma le adatta con un’intelligenza progettuale affilata. La creazione del personaggio è rapida e guidata dal principio fondamentale: non importa chi eri, ma cosa sei disposto a sacrificare per la causa. Si può scegliere di avere o meno una classe, e questo modifica radicalmente il processo: chi rifiuta le classi parte con migliori statistiche e libertà, chi le abbraccia ottiene armi e abilità esclusive. Le origini, l’equipaggiamento e persino il nome da incidere sul monumento dei martiri, tutto è giocato con lo stesso tono ibrido di ironia e solennità.
Le classi disponibili sono potenti e memorabili: il Militare, il Medico, lo Stakanovista, il Cosmonauta, l’Artista senza censura. Ognuna è accompagnata da armi, zaini e abilità che contribuiscono non solo al gameplay, ma anche all’immaginario. Il militare sa combattere ovunque, il medico cura con strumenti e chimica disperata, lo stakanovista è forza bruta al servizio del collettivo, il cosmonauta guarda le stelle e guida ogni mezzo, mentre l’artista canta la rivoluzione e piega il fato con la voce. Queste classi non sono solo funzioni: sono archetipi della ribellione.
Tra le meccaniche più brillanti del gioco c’è il tracciamento dell’andamento della rivoluzione, una serie di eventi che si innescano man mano che le giornate passano, con un dado che viene man mano ridotto (dal d100 fino al d2) e tabelle che raccontano la lenta, inesorabile rovina del movimento, fino alla catastrofe finale: “La rivoluzione è fallita. Quelli più fortunati di voi sono già morti.” È un conto alla rovescia ludico e narrativo, una lama che pende sopra i personaggi e che costringe a decisioni drastiche, a cooperazioni forzate, a sacrifici. Ogni evento della tabella, dalle purghe interne alla diserzione dei generali, fino all’uso del gas o al collasso industriale, è scritto con toni che mescolano tragicommedia e brutale verosimiglianza.

Lo stile grafico del manuale è una dichiarazione estetica in sé: colori acidi, impaginazione volutamente scomoda, blocchi di testo affastellati, citazioni spezzate e illustrazioni che sembrano manifesti strappati da muri fatiscenti. Non è una lettura semplice, ma è una lettura che ti investe. Il gioco stesso ti sfida a leggerlo come se fosse un atto di resistenza, come se assorbire il testo fosse già di per se un gesto rivoluzionario.
Red Borg non è un gioco per tutti, ma è un gioco che sa cosa vuole. È provocatorio, politico, dichiaratamente grottesco, ma mai gratuito. È un esperimento che riesce dove tanti falliscono: nel creare un mondo che sia sì satira, ma anche profondamente coerente. Si ride, si rabbrividisce, ci si scandalizza e ci si commuove, a volte nello stesso paragrafo. In questo senso, Red Borg è davvero ciò che proclama di essere: il GDR della rivoluzione. E se la rivoluzione fallisce, non è colpa sua. Probabilmente è perché non hai lottato abbastanza.
*Copia digitale del manuale fornita dall’editore in cambio di una recensione onesta