Non è facile descrivere bene The Quiet Year, il capostipite dei map-making creato da Avery Alder e pubblicato in italiano in una bellissima edizione in lattina da Narrattiva è sia un gioco di ruolo senza master che un gioco da tavolo che una sorta di piacevole esperimento sociale.
In questa recensione cercherò di spiegarvi le semplici dinamiche di gioco di The Quiet Year e perché mentre si disegna la mappa della vostra comunità sarete chiamati ad andare ben oltre alle mere regole e riuscirete a creare bellissime storie che vi faranno anche riflettere e non poco, quindi bando alle ciance e proseguite a leggere qui sotto senza indugio.
La calma perfetta è un bel posto ma non ci vivrei
In The Quiet Year non sarete chiamati ad interpretare valorosi eroi, perfidi ladri, viaggiatori spaziali, cyberguerrieri o cose simili, ma invece dovrete vestire i panni di una forza sociale all’interno di una comunità di 60-80 persone sopravvissute ad una guerra contro gli Sciacalli e che ora puntano a ricostruire un posto “felice” in cui passare un anno tranquillo.
Giocabile da due a quattro persone sopra i 10 anni e con una durata di 3-4 ore, The Quiet Year richiede semplicemente un foglio bianco su cui disegnare la mappa (oppure si può partire da mappe pre-costruite che trovate sul sito di Narrattiva), di alcune matite, un paio di index card (cartoncini o post-it), una copia dello schema riassuntiva del turno (anch’essa scaricabile dal sito dell’editore) e sei dadi a 6 facce (possibilmente piccoli) che si utilizzeranno per cadenzare i progetti (come spiegherò tra poco) ed il mazzo di 52 carte presente nella lattina (oppure un normale mazzo da poker utilizzabile con alcuni accorgimenti) e i 20 segnalini disprezzo
Dopo una lettura al tavolo dell’incipit narrativo, che spiega in poche righe la situazione di partenza dopo la guerra contro gli Sciacalli e come preparare il tavolo, gli strumenti e la mappa di gioco, i giocatori saranno chiamati a prendere alcune decisioni di comune accordo prima di iniziare la partita, come per esempio la tipologia del terreno della zona disegnata nella mappa di cui un terzo sarà occupata dall’insediamento della comunità e di decidere almeno una carenza ed un’abbondanza presenti inizialmente. Una volta disegnata la base della mappa si mescoleranno le quattro parti che compongono il mazzo di gioco, che rappresentano le quattro stagioni partendo dalla primavera (e le 52 settimane che compongono l’anno) mostrando prima la carta speciale, tra quelle dell’inverno, che indica l’arrivo degli Emissari del Gelo e la fine della partita.
Ogni giocatore effettuerà un turno senza che gli altri al tavolo possano intervenire ed in cui dovrà pescare una carta, leggere ad alta voce il testo rilevante e risolverla (normalmente vengono offerte due possibili sviluppi), poi dovrà fare avanzare i progetti avviati (se finiscono sarà narrata la buona riuscita degli stessi dal giocatore che li ha avviati) girando il dado usato come counter ed infine effettuare un’azione.
Le azioni possibili tra cui scegliere sono scoprire qualcosa di nuovo sulla mappa, descrivendolo e disegnandolo (e inventandolo), oppure tenere una discussione su una situazione o su una problematica della comunità (in cui ogni giocatore può intervenire con una o due frasi in turni in senso orario) che può partire da un’affermazione (che non da diritto ad una seconda frase del player che ha iniziato la discussione) oppure con una domanda, che permetterà di concludere la chiacchierata con un secondo intervento di chi è attivo nel turno. La terza ed ultima scelta tra le tipologie di azioni è quella di avviare un progetto (che può compensare esigenze del gruppo, creare risorse) e la sua durata (da concordare con gli altri al tavolo).
Dopodiché il turno passa al giocatore successivo in senso orario e così via fino al termine delle 52 carte o al momento in cui si pesca, casualmente durante l’inverno, la carta di arrivo degli Emissari del Gelo.
Ogni novità o progetto va disegnato (in maniera stilizzata) sulla mappa ed eventuali contrasti, visto che nessun giocatore può intervenire nelle scelte prese durante i turni attivi degli altri, sarà segnalato prendendo un segnalino disprezzo e piazzandolo davanti a sé. I segnalini alla fine rappresenteranno tutte le situazioni di disaccordo nella comunità e possono essere rimossi se si ritiene che i “conflitti” siano stati sanati.
The Quiet Year è ovviamente differente in base ai giocatori seduti al tavolo perché ognuno reagisce differentemente alle problematiche che man mano si presenteranno, attraverso le carte, che offriranno maggiori avversità avvicinandosi all’inverno e alle scelte dei singoli player e offre diverse sfaccettature di cosa serva per la sopravvivenza della comunità ma anche le differenze di vedute delle persone reali che stanno giocando a questo gioco. Per esempio ci sarà chi preferirà perdere elementi della comunità piuttosto che risorse e viceversa, o chi vorrà annientare altri sopravvissuti e chi invece vorrà farli aggregare al proprio gruppo.
Per questo come dicevo ad inizio recensione il gioco è molto più della somma delle semplici regole e della risoluzione delle carte e lo svolgimento delle singole azioni e dei turni di gioco e sempre per questi motivi The Quiet Year è altamente rigiocabile senza molte possibilità di ricreare storie uguali di partita in partita nonostante la limitata scelta, solitamente doppia, offerta dalle singole carte.
In definitiva, The Quiet Year è, secondo me, un piccolo capolavoro in lattina che permette con pochissimi strumenti di offrire una serata divertente ad un gruppo di amici in un qualsiasi luogo, grazie alla portabilità offerta dalla simpatica soluzione offerta dal singolare packaging del gioco. Un ibrido tra GDR e boardgame che mi sento di consigliare a tutti, sia che abbiano dimestichezza con una delle due tipologie di gioco o che non abbiano mai giocato ad entrambe.
*Copia fisica del gioco ricevuta da Narrattiva in cambio di una recensione onesta.