The Longing ha rotto tutto. Milioni di giocatori in tutto il mondo, critici e fruitori sono ormai avvezzi da anni a interfacciarsi con concetti che definiscono un videogioco per la sua qualità in relazione al tempo che questo impiega, volenti o nolenti, spesso in una sola direzione. Siamo abituati a pensare alla longevità come direttamente proporzionale alla qualità, e dove il gioco propone una durata maggiore, questa è vista immediatamente come un pregio, di cui solo in un secondo momento valutare anche l’effettivo livello come esperienza.
Tutto ciò cui abbiamo creduto è un castello di carta per il titolo di oggi: una struttura in rovina che gli sviluppatori ci mostrano passo per passo nella sua fallacia, costringendoci a riflettere mentre giochiamo. Se questo si chiama giocare.
Sviluppato da Studio Seufz e pubblicato da Application System Heidelberg, The Longing si pone immediatamente come un prodotto coraggioso non tanto per la sua resa a schermo, trama o parte tecnica, quanto per la sua idealità. I giocatori saranno chiamati a vestire i panni di un esserino di poco spessore che convocato dal re di un dominio sotterraneo, riceve come compito quello di vegliare sul regno mentre il sovrano, esausto e consumato dal suo grande potere, riposerà per 400 giorni, per poi tornare ad amministrare il suo trono. 400 giorni.
Il dominio sotterraneo è completamente disabitato e vastissimo, e il nostro protagonista dovrà semplicemente attendere facendo la guardia a quelle che sono di fatto delle rovine per più di un anno. Tutto qui.

Il concept di the Longing è di fatto molto semplice dal punto di vista narrativo, ma calibrato al punto giusto per aprire miriadi di altre porte e proporre spunti di riflessione vari per quello che è quasi totalmente un meta-gioco.
In termini di gameplay lo scopo della nostra partita è solo l’attesa, e fattivamente questa si può tranquillamente concludere non facendo nulla se non tenere la console accesa sul titolo per 400 giorni. D’altra parte, il regno è come abbiamo già detto enorme, e la sua esplorazione, che avviene ovviamente senza fretta, potrà offrire a noi e al nostro avatar alcuni escamotage per far correre il tempo verso il risveglio del re. Il timer sarà sempre presente a schermo, e che noi stiamo fermi o ci muoviamo per le sale desolate correrà tanto lento quanto inarrestabile, ma incedendo in particolari attività questo conto alla rovescia sarà accelerato verso la sua fine: disegnare con carboncini di fortuna trovati nelle nostre esplorazioni delle caverne, leggere un buon libro, decorare la nostra alcova sono tutte azioni che faranno percepire lo scorrere del tempo come meno tirannico al nostro omino, e faranno velocizzare il countdown verso la fine dell’attesa, mostrando immediatamente come sia fortemente necessario esplorare con attenzione il mondo alla ricerca di qualcosa da fare per non passare effettivamente 400 giorni a guardare il muro.

L’esplorazione, d’altra parte, è una meccanica fondamentale all’interno di The Longing. Questa avviene, in linea con il resto della produzione, a ritmi bassissimi, con il nostro avatar che sembra trascinarsi con lentezza e davvero poco atletismo per le caverne sospinto dalla noia e dalla consapevolezza più dalla curiosità che un giocatore potrebbe infondere nella situazione: anche in questo caso è evidente come il titolo di Studio Seufz sia in un mondo totalmente diverso da quello in cui siamo immersi noi tutti i giorni, come persone e videogiocatori.
Il mondo di gioco, inoltre, muta con il passare del tempo. Se infatti il nostro potere è insignificante e non abbiamo modo di influire in maniera pesante sull’ambiente circostante a causa della nostra poca prestanza, ma l’universo di the Longing ha per sua natura quella di essere immune alla violenza e impone i suoi ritmi. Passando per una caverna potremo notare del muschio, che crescendo con i suoi tempi, potrà dare vita ad un passaggio magari tra una settimana. Una goccia potrà riempire un bacino tra un mese, e permetterci di superare quella che prima era una voragine. Il mondo insomma, col tempo muta e si plasma in forme sempre nuove, offrendo possibilità che sono da scoprire lentamente e con il gusto di un’esplorazione pacata e calma.

Siamo di fronte ad un titolo concettuale, non certo divertente nel senso comune del termine ma certamente interessante. Come abbiamo già anticipato si tratta di proporre un’esperienza che va vissuta con un approccio totalmente nuovo, in totale antitesi con le politiche caratterizzate da ritmi alti e opprimenti cui siamo abituati nella vita e nel videogioco. Concludendo possiamo dire che The Longing sia un vero e proprio esperimento, al quale ognuno di noi si sottopone per scoprire quanto la sua vita sia strozzata, spremuta verso la produttività e l’efficienza, orientata verso la maggior resa possibile nel minor tempo impiegabile. Tra le caverne di The Longing tutto questo perde senso, e rimaniamo solo noi con noi stessi, in attesa dell’adempimento di una promessa che perde di senso nel momento stesso in cui viene fatta. È infatti solo il momento quello che ha valore all’interno del titolo. Il susseguirsi di attimi infiniti, ognuno importante come quello seguente, è un’epifania per tutti noi che ci troviamo ora davanti ad un nuovo modo di vivere la vita.
The Longing ci ha mostrato il mondo oltre al nostro paraocchi, e come questo possa essere differente da ciò che siamo abituati a vivere. Si tratta solo di un videogioco o di uno spunto di riflessione da approfondire dentro ciascuno di noi? E il valore di un regalo di questo tipo da parte di un team di sviluppatori è valutabile sul piano umano? Ho personalmente dei dubbi, ma come tutti accolgo il dono e lo respiro, scoprendo che l’aria all’interno delle caverne in un regno caduto può essere davvero fresca.
*Versione testata: Nintendo Switch, grazie al codice fornito dal Publisher