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The Last of Us Parte II – L’apocalisse dell’animo umano – Recensione

29 Giu 2020 | PlayStation 4, PlayStation 4 Pro, Recensioni, Recensioni Videogiochi

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Dopo una lunga attesa durata sette anni, Naughty Dog e Sony hanno pubblicato su PlayStation 4, lo scorso 19 giugno, The Last of Us Parte II, sequel diretto della prima parte uscita nel 2013 su PS3 e successivamente in versione remastered su PS4.

Dopo averlo terminato anche noi, eccovi finalmente la nostra recensione approfondita, in cui cercheremo di spiegarvi dettagliatamente The Last of Us Parte II senza incorrere in spiacevoli spoiler sulla trama.

Un’emozionante e violenta storia di vendetta

La trama di The Last of Us Parte II prende il via nella cittadina/insediamento di Jackson all’incirca cinque anni dopo le vicende del primo capitolo, con Ellie ormai diciannovenne, Joel decisamente ingrigito e che ha lasciato la sua attività di contrabbandiere e in cui ritroviamo personaggi noti (tra cui il fratello di Joel, Tommy e sua moglie Maria) e molti volti nuovi. Senza spoilerare nulla sulla trama, visto che è ancora presto per affrontare e parlare liberamente tutti gli avvenimenti in cui saremo coinvolti nelle circa 25-30 ore che serviranno per completare la prima run, in The Last of Us Parte II avremo il controllo sia di Ellie che di Abby, la “protagonista” della fazione avversaria del gioco e scopriremo man mano che ci addentreremo nella storia, principalmente attraverso diversi flashback e retroscena svelati dai dialoghi, le vicende che hanno coinvolto i due personaggi principali e di chi li circonda negli anni trascorsi dal primo The Last of Us.

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Tutta la vicenda è emozionante, coinvolgente ed è incentrata principalmente su una massima che, nonostante fosse già cardine nelle prime opere sugli zombie di Romero (L’Alba dei morti viventi), ha secondo me trovato l’apice nella narrazione di Kirkman su The Walking Dead, ovvero che i veri mostri non sono gli infetti ma sono proprio gli esseri umani.

Ho pensato di citare Kirkman perché personalmente rivedo tanto del suo “stile narrativo” in molti degli avvenimenti che mi sono ritrovato a giocare negli ultimi dieci giorni e sono sicuro che una volta che ci avrete giocato capirete perfettamente a quali eventi mi riferisco.

La violenza però non è fine a se stessa, nel gioco, ma semplicemente realistica ed usata per raccontare al meglio la storia di esseri umani che sono sopravvissuti ad un’apocalisse zombie e che sono letteralmente dei sopravvissuti.

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La sceneggiatura è brillante e la storia e la caratterizzazione dei personaggi raggiungono secondo me, almeno per il momento, l’apice di questo medium, perché finora non avevo mai giocato ad un titolo in grado di farmi provare tutte le emozioni che invece The Last of Us Parte II mi ha trasmesso durante la mia run e che mi hanno portato a prendermi qualche giorno, dopo averlo terminato, prima di scrivere questa recensione, per assimilare meglio tutto.

A livello di gameplay, Naughty Dog ha perfezionato e arricchito ciò che abbiamo già visto nel primo capitolo della saga. Ci troveremo ancora ad esplorare le decine e decine di location proposte dagli sviluppatori in cerca di risorse, con cui produrre proiettili, medikit e accessori per le armi, pillole che ci permetteranno di sviluppare abilità (che sbloccheremo man mano trovando in giro per le ambientazioni delle riviste) e una quantità spropositata di collezionabili.

Avremo modo come nel prequel di migliorare le armi attraverso rottami da utilizzare nei banchi di lavoro e di aprire numerose casseforti, le cui combinazioni saranno facilmente individuabili investigando sui vari indizi disseminati nelle zone dove si trovano, oppure aprirle semplicemente ascoltando il classico “click” che ci indicherà il numero giusto su cui fermare la rotella dell’apertura.

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Oltre a moltissime novità per quanto riguarda le armi, le principali novità a livello di gameplay sono sicuramente l’utilizzo delle corde (con una fisica davvero impressionante), l’utilizzo della chitarra (con cui se siete in grado potrete suonare praticamente quello che volete) e notevoli migliorie sia nelle azioni praticabili (il salto non è più legato a quick time event ma dovrete fisicamente usare corsa e tasto salto per effettuarli) che a livello di animazioni dei personaggi. Inoltre sarà possibile strisciare e non solo accucciarsi e le dinamiche stealth sono a loro volta arricchite da diversi elementi che però preferisco lasciarvi scoprire in game.

Anche la parte di shooting è stata affinata e migliorata e ora ha una risposta, pad alla mano, più soddisfacente e decisamente più appagante. Ovviamente per la maggior parte del gioco sarà una nostra scelta utilizzare un approccio stealth o ad armi spianate, anche se il titolo favorisce nettamente la silenziosità rispetto a tattiche di guerriglia degne di John Rambo.

L’IA dei nemici umani è ben studiata e rende gli scontri con le diverse fazioni presenti nel gioco ben differenziate, con i nemici che esploreranno, parleranno tra di loro segnalando la nostra presenza (in maniera differente a seconda che siano Wolf o Iene) e si comporteranno in modo piuttosto realistico.

Tornano ovviamente anche tutte le tipologie di infetti viste in The Last of Us con qualche novità ben studiata di cui, come sopra, preferisco non anticiparvi nulla per lasciarvi la sorpresa durante la vostra run.

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Artisticamente e tecnicamente ineccepibile

A livello artistico The Last of Us Parte II è praticamente perfetto. In primis perché riesce a spremere al massimo l’hardware di questa generazione con un framerate stabile anche su PS4 standard e con una quantità di dettagli a schermo a dir poco impressionante.

Il level design di tutte le location, dalla decadente Boston in cui la natura si sta riappropriando della città all’insediamento di Jackson, dalle zone innevate che circondano la prima ambientazione a tutte le tipologie di zone che affronteremo nei dintorni della grande città americana dello stato di Washington è studiato in maniera magistrale e perfetto per le varie situazioni di gioco proposte, dall’esplorazione ai combattimenti, dalle parti stealth alle claustrofobiche fughe dagli infetti nella metropolitana abbandonata.

Le animazioni, la modellazione dei personaggi e le espressioni dei volti sono di un livello qualitativamente così alto che è difficile capire quando finiscono le cutscene e le scelte di regia sono quanto di più vicino al cinema si sia visto finora in un videogame.

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Da segnalare anche che pioggia, neve (con tanto di orme del nostro passaggio a piedi e a cavallo e vere e proprie tormente) e corsi d’acqua (sia fiumi che l’oceano) sono riprodotti in una maniera così realistica da lasciare più volte sbalordito chi sta giocando.

Il comparto sonoro è magnifico, tanto nelle musiche, sempre adatte e perfettamente calzanti alle situazioni in cui ci troveremo, quanto negli effetti sonori e nel doppiaggio italiano e per cui davvero è difficilissimo, se non impossibile, riuscire a trovare dei difetti.

In conclusione, non posso che consigliare a chiunque abbia amato il primo capitolo l’acquisto di The Last of Us Parte II e ovviamente anche a chiunque abbia tra le proprie preferenze i titoli con una forte narrazione. Anche se la storia raccontata è per forza violenta, vista la situazione apocalittica in cui si trovano i protagonisti della vicenda, TLOU2 riesce ad emozionare anche per la naturalezza con cui affronta tematiche sia come l’amore e la speranza che la vendetta e le parti meno nobili dell’animo umano. Un gioco che non solo resterà nella storia del medium videoludico ma che di sicuro resterà per sempre nella memoria di chi lo avrà giocato e che stabilisce nuovi standard per quanto riguarda sia la narrazione che le componenti artistiche.

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The Last of Us Parte II

69,99€
10

Grafica

10.0/10

Trama

10.0/10

Gameplay

10.0/10

Longevità

10.0/10

Sonoro

10.0/10

Pro

  • Narrazione e caratterizzazione dei personaggi senza precedenti
  • Artisticamente e tecnicamente l'apice di questa generazione
  • Cinematografico ed emozionante

Paolo Lorenzini

Dispotico caporedattore di Serial Gamer Italia, dopo anni a girovagare per le redazioni di settore ha deciso di costruirsi una “casa” su misura che gli permettesse di offrire un’informazione libera, priva di clickbait e gestita in maniera equa e meritocratica.

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