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Someday You’ll Return – Una passeggiata nel bosco alla fine del mondo – Recensione

8 Giu 2020 | Recensioni, PC, PlayStation 4, Recensioni Videogiochi, Videogiochi, Xbox One

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Perso da qualche parte in una foresta in Cecoslovacchia. Succedono tutte a me. Il sole sta calando, mi ritrovo a dover vagare per questi boschi in cerca di mia figlia dispersa e la cosa migliore da fare mi sembra quella di chieder informazioni a quella vecchina seduta su una panchina (una panchina persa da qualche parte in Cecoslovacchia) che probabilmente non sa neanche che la Seconda guerra mondiale è finita ma, ehi, di me sembra sapere vita morte e miracoli. Soprattutto morte.

Si sta facendo buio e per quanto io abbia esperienza di campeggio non devo dimenticarmi del mostro che si aggira per i boschi. Si preannuncia un giro interessante.

Con questi pronostici inizia la narrazione del prodotto di cui trattiamo oggi il cui titolo, Someday You’ll Return, sembra ora più una minaccia che un augurio.

Sviluppato da CBE software, piccolo studio indipendente ceco, la produzione si presenta ad un primo sguardo come se volesse essere un canonico horror in prima persona, ma dopo ben pochi minuti di gioco ci si renderà conto che la solfa è ben più strana: la storia ci mette nei panni di Daniel, un uomo forse un po’ strano, che si trova come già accennato a dover cercare sua figlia fuggita in una foresta per motivazioni fino a questo momento ignote. Addentrandoci tra gli alberi infatti saremo chiamati a fare luce su molteplici misteri, sia relativi al background del nostro personaggio e a quello della sua famiglia, sia riguardanti questa inquietante foresta dove pare che il tempo si sia fermato e gli antichi spiriti del mondo non intendano cedere il passo ai nuovi Dei della modernità. Il nostro viaggio non ci porterà solo a fare i conti con noi stessi, ma anche con una minaccia che sembra in grado di sfregiare il tessuto stesso della realtà, per noi e per tutta l’umanità.

Someday Youll Return 4 Serial Gamer

La narrazione in realtà è la prima cosa che presenta alcune problematiche: l’esperienza di gioco è totalmente story driven, e quindi sarà col proseguire della trama che andremo a scoprire sempre più dettagli sull’universo in cui ci troviamo. Ci accorgeremo però che i suddetti dettagli sembrano non reggere il ritmo della storia e spesso ci sembrerà di aver “perso un pezzo”, con l’introduzione di personaggi presentati come se dovessimo già conoscerli, rivelazioni che più che fare chiarezza confonderanno ulteriormente le idee che proveremo a farci sulla personalità del protagonista e intere porzioni di gioco che, a storia finita, sarà ancora difficile stabilire se siano avvenute effettivamente o fossero solo visioni del poveretto che andiamo a impersonare. In ogni caso, quello che certo scopriremo è che il nostro poveretto tanto poveretto non è.

Ad arricchire la narrativa sarà poi tutto un apparato di documenti scritti che potremo ottenere nel corso della storia, utili per approfondire diversi aspetti dei personaggi e conoscerli di conseguenza un po’ meglio, anche vista la grossolana semplicità per la quale la loro caratterizzazione è affidata solamente a qualche monologo totalmente decontestualizzato che piazzeranno nel corso delle avventure.

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Dal punto di vista del gameplay, accennavamo come Someday You’ll Return sembrava volersi porre all’interno del filone horror e di come invece le cose fossero finite diversamente. All’interno della produzione infatti la componente spaventosa classica è quasi totalmente manchevole, lasciando spazio ad atmosfere comunque inquietanti, ma che tirano più sul genere distopico che quello horror.

Troveremo presenti alcuni elementi gore, tra cumuli di carne, arti mostruosi che escono da pozze di catrame e l’immancabile boogeyman che ci inseguirà per ragioni ancora ad oggi da chiarire, ma nel complesso la cosa che personalmente mi ha spaventato di più è stato un cinghiale che mi attraversò la strada nel bosco urlando. Ruggendo. Insomma, facendo il verso del cinghiale.

Accorgermi di questo fatto a posteriori è da una parte divertente, dall’altra emblematico.

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Il resto del comparto si affida a meccaniche tipiche del puzzle game ambientale, per il quale dovremo risolvere enigmi più o meno semplici per proseguire nella storia in combinazione anche con un semplice sistema di crafting. Questo compito sarà da eseguire in ogni caso in maniera molto schematica e solo “step by step”: anche se esploreremo le ambientazioni di gioco (per la verità molto vaste) in maniera tale da portarci avanti nel capire il passaggio successivo a quello a noi richiesto, saremo comunque vincolati a seguire quelli che sono i ritmi imposti dalla progressione, privandoci di fatto della motivazione ad esplorare. Anche a fronte della presenza di una serie di collezionabili che nulla aggiungerà alla nostra esperienza se non nutrire il nostro spirito di completismo.

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Quello che maggiormente colpisce in senso positivo di Someday You’ll Return è però il comparto visivo. A fronte infatti di un apparato di animazioni di qualità effettivamente bassa, (sia quelle facciali dei personaggi sia quelle relative alle rade interazioni del nostro protagonista con l’ambiente), c renderemo conto molto in fretta che camminare in questa maledetta foresta cecoslovacca non è affatto una cosa brutta: i poligoni sono curati e i colori evocativi e ben studiati in ogni situazione. Anche il sistema di illuminazione è davvero notevole, e il sole che filtrerà tra le fronde o si farà strada attraverso la nebbia sarà un fattore che permetterà a tutto il comparto di essere incisivo sul piano emozionale, riuscendo a creare delle atmosfere che, almeno alla vista, risulteranno sempre di ottima qualità sia in un contesto naturalistico classico sia quando le ambientazioni vireranno verso l’onirico, il distopico e il surreale. Dal punto di vista sonoro invece la produzione vive una situazione duplice che contrappone un doppiaggio inglese soddisfacente ad una colonna sonora praticamente inesistente e un comparto di risposte sonore del nostro personaggio alle interazioni ambientali sinceramente pesante e noioso.

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In conclusione si può osservare come Someday You’ll Return sia un opera comunque interessante e che sfonda con semplicità la sufficienza, ma che sia chiaro specchio di tutte le abilità e le debolezze degli sviluppatori: CBE software è riuscita infatti con questa produzione a creare un universo di ottima qualità, sia idealmente che come resa a schermo grazie al curato comparto grafico, quando però è stato il momento di mettere all’interno di questa buona cornice dei personaggi che interagissero in una storia, è stato manifesto come i primi risultassero deboli e la seconda confusa.

Anche il prezzo su Steam (30 euro nel momento in cui scrivo) è forse un po’ troppo elevato per una produzione che comunque merita attenzione.

Giocare a Someday You’ll Return darà in ogni caso ai giocatori diversi spunti interessanti, e nel caso vi sentiate in vena di farvi una passeggiata nel bosco alla fine del mondo, questo è senza dubbio il gioco per voi.

*Versione testata: PC, grazie al codice fornito dal publisher

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Someday You'll Return

6.7

Trama/Ambientazione

5.5/10

Gameplay

7.3/10

Grafica

8.0/10

Sonoro

5.5/10

Longevità

7.0/10

Pietro "Pido" Ferri

Deputy Editor di Serial Gamer, viaggia per i Videogames, si guarda in giro, fa foto, respira l'aria. È un po' come un turista, ma nel senso buono. Si interessa con dedizione all'approfondimento di qualunque forma d'arte che riesca a trasmettergli emozioni

Pietro "Pido" Ferri

Deputy Editor di Serial Gamer, viaggia per i Videogames, si guarda in giro, fa foto, respira l'aria. È un po' come un turista, ma nel senso buono. Si interessa con dedizione all'approfondimento di qualunque forma d'arte che riesca a trasmettergli emozioni

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