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11-11: Memories Retold – Dipinti e fotografie dal fronte – Recensione

26 Nov 2018 | Recensioni Videogiochi, PC, PlayStation 4, Recensioni, Videogiochi, Xbox One

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Non ho ancora capito se sia una cosa buona o cattiva, ma fin dal primo trailer di annuncio di 11-11 Memories Retold io fui personalmente interessato al progetto, e dopo che le varie anticipazioni, i brevi video e le immagini mi portarono su un vero e proprio roller coaster di sentimenti contrastanti, tra sensazioni positive e puzze di promesse non mantenute, la nostra telenovela si chiude oggi con la scrittura di questa recensione.

Sviluppato da Digixart e Aardman Animations, il titolo ha fatto parlare di sè appunto già dal primo teaser trailer pubblicato dagli editori di Bandai Namco Entertainment, che prometteva un titolo a forte stampo narrativo sulla tematica della prima guerra mondiale, mostrando alcune immagini fortemente evocative create col comparto grafico del gioco e facendo leggere in molte lingue una poesia popolare sulla guerra.

La storia, che inizia a 20 mesi dalla firma della pace dell’11 novembre, ci presenterà principalmente due protagonisti, i quali saranno anche i nostri avatar sui due fronti opposti del conflitto: da una parte il canadese Harry Lambert (doppiato da Elijah Wood), talentuoso garzone di un negozio di fotografia in Canada, dall’altra Kurt Waldner (doppiato da Sebastian Koch), che lavora nella sua fattoria nell’entroterra tedesco per permettere di sopravvivere a sua moglie e i suoi due figli. La vita dei due, già così drasticamente cambiata dalla guerra avrà una svolta ancora ulteriore quando questi faranno la dolorosa scelta di arruolarsi nei rispettivi eserciti, il primo per fare colpo su Julia, l’amica d’infanzia e figlia del proprietario del negozio di fotografia, e il secondo per andare a cercare il figlio primogenito Max, disperso al fronte.

I due, così diversi tra loro e divisi dalle profonde spaccature del conflitto, troveranno però modi inaspettati per entrare in contatto l’uno con l’altro, conoscersi, capirsi e scrivere una storia emozionante di cui il finale sarà deciso solo dalle decisioni e dalle vie intraprese dal giocatore, in un sistema di scelte multiple importante ma non oppressivo che culminerà appunto in una delle sei conclusioni possibili per il titolo Bandai.

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Siamo infatti davanti ad una vera e propria avventura narrativa che ha come punti di forza ben definiti quello dell’impatto artistico e quello emotivo. Il gameplay proposto offre infatti ai giocatori ben poche possibilità di azione, come spesso capita con titoli di questo genere: potremo infatti con il nostro avatar spostarci, accennare una incerta corsetta, interagire con gli oggetti e parlare con le figure che troveremo sulla nostra strada, niente di più e niente di meno. Mentre saremo accompagnati negli svolgimenti della vicenda potremo comunque esplorare le ambientazioni, mai troppo estese o dispersive e sempre curate, alla ricerca dei numerosi collezionabili nascosti in giro, o per trovare qualche breve incarico che nulla aggiunge al gioco, ma espande comunque la profondità della narrazione, arricchendola con nuovi spunti di riflessione e “curiosità” sulla grande guerra.

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Quello che però farà probabilmente ricordare per molto tempo questo interessante progetto è il comparto artistico in ogni sua forma: figlio esclusivamente di ispirazione e coraggio, con la sua scelta grafica 11-11 non mira minimamente ad un eccellenza realistica o ad una cura del dettaglio che lo metterebbero semplicemente in riga con altri novemila titoli sulla guerra, ma scaglia il giocatore, attraverso ogni sua ambientazione, all’interno di quello che ricorda molto da vicino un dipinto impressionista, da godere completamente quindi in una visuale a grandangolo piuttosto che da osservare nel dettaglio. In più di un’occasione mi sono reso conto passeggiando per le ambientazioni, di quale sia il potenziale del colore in un comparto di questo tipo: vista la coerente carenza di dettagli infatti, il potere emozionale viene affidato quasi totalmente ai contrasti o i connubi creati dai colori, che attraverso la loro sola presenza in un determinato momento, riescono a trasmettere le sensazioni desiderate dalla direzione artistica e far naufragare ancora più a fondo il giocatore nel mare dei sentimenti che già solo la narrazione suscita senza difficoltà e in maniera impeccabilmente d’impatto.
A coronare il comparto c’è poi l’apparato sonoro, che si dimostra non essere affatto in difetto rispetto al resto della produzione: una colonna sonora impeccabile e immersiva, e il doppiaggio di ogni personaggio, tra i quali torreggia quello di Elijah Wood e Sebastian Koch, riescono nell’arduo compito di accompagnare il giocatore in ogni momento, arricchendo sempre l’esperienza audiovisiva e mai diventando un elemento di noia o un riempitivo fine a se stesso.

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Andando a scrostare un po’ la superficie di questo titolo (cosa magari non richiesta, ma è quello che diverte me, quindi temo vi tocchi), quasi da subito mi sono chiesto quali fossero le motivazioni dietro le scelte artistiche che caratterizzano in ultima analisi quello che è un progetto assolutamente brillante: perchè scegliere un medium artistico come quello dell’impressionismo, fiorito nella seconda metà dell’800 per illustrare un momento storico del tutto diverso, quello della grande guerra?
La soluzione che personalmente ho trovato per me (chiunque abbia idee diverse è ovviamente invitato a lasciarle nei commenti, arricchire un’analisi di questo tipo con un interlocutore è quanto preferisco) passa attraverso delle meccaniche ricorrenti del gioco, che si trasformano dunque a qualcosa simile ad una tematica.

Entrambi i personaggi , Harry e Kurt, fanno vertere la loro storia sulla fotografia: se infatti per il giovane canadese la cosa è ovvia, anche Kurt di fatto passa metà della guerra a sventolare una foto del figlio, alla ricerca di informazioni tra commilitoni e superiori, ed è forse in questo tema ricorrente che si va a dare un senso alla presenza di tutti gli elementi che abbiamo ora sul tavolo.
11-11: Memories Retold vuole davvero, come spiega il titolo, riraccontare la storia che conosciamo tutti della guerra, dell’armistizio, della battaglia di Vimy e dell’avanzata di Parigi, ma lo vuole fare in una maniera personale e intima, quanto possono essere personali e intimi l’amore di Harry per Julia e quello di Kurt per Max. in un quadro di guerra non definibile nel dettaglio, ma spesso cangiante e vittima dello sfarfallio della memoria, reso così perfettamente dal comparto artistico, le uniche cose fisse sono appunto le foto della ragazza e del figlio che i protagonisti portano con se, che come ricordi cristallizzati sono capaci di dare senso a quella valanga di colori così contrastanti tra di loro, a quelle figure indefinite sul terreno che forse sono cadaveri di qualcuno che a sua volta aveva dei sogni. Non c’è bisogno di effetti particellari di qualunque tipo qui: le trincee sono pennellate di marrone, il cielo una campitura tra il grigio e il rosa, il fuoco delle esplosioni schizzi di rosso e arancio.

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Avrei potuto soffermarmi su alcuni dei difetti tecnici del titolo come la rozzezza delle animazioni, la legnosità dei movimenti e i problemi dati dallo scontro di due personaggi che spesso si tramutano in una lotta contro un muro insormontabile per esplorare una porzione di trincea appena dietro, ma non è questo il punto focale con cui si deve descrivere il progetto di Bandai Namco: 11-11 Memories Retold è una piccola perla che va saputa trattare con delicatezza per godere delle sue bellezze. Approcciato con la giusta apertura di spirito, il titolo sarà in grado di far nascere emozioni sempre rare e sensibilizzare allo stesso tempo ad un tema troppo spesso affrontato in maniera superficiale.
In caso vi avviciniate in maniera troppo “sorniona” al gioco, tranquilli, ci penserà lui ad aprirvi il cuore.

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11-11 Memories Retold

8.1

Trama/Ambientazione

8.7/10

Gameplay

7.0/10

Grafica

8.9/10

Sonoro

8.5/10

Longevità

7.5/10

Pro

  • Comparto artistico
  • Colonna sonora e doppiaggio
  • Storia toccante e narrazione immersiva

Contro

  • Imprecisioni tecniche
  • Animazioni grezze

Pietro "Pido" Ferri

Deputy Editor di Serial Gamer, viaggia per i Videogames, si guarda in giro, fa foto, respira l'aria. È un po' come un turista, ma nel senso buono. Si interessa con dedizione all'approfondimento di qualunque forma d'arte che riesca a trasmettergli emozioni

Pietro "Pido" Ferri

Deputy Editor di Serial Gamer, viaggia per i Videogames, si guarda in giro, fa foto, respira l'aria. È un po' come un turista, ma nel senso buono. Si interessa con dedizione all'approfondimento di qualunque forma d'arte che riesca a trasmettergli emozioni

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