The Sutra of Pale Leaves: Carcosa Manifest è una campagna uscita nel 2025 pubblicata da Chaosium, realizzata dalla talentuosa casa editrice Sons of the Singularity, ed è un volume per Il Richiamo di Cthulhu Settima Edizione, al momento non ancora disponibile in edizione italiana. Si tratta di una campagna che sceglie una direzione molto precisa e sorprendentemente contemporanea, evitando consapevolmente di appoggiarsi esclusivamente all’orrore cosmico distruttivo più classico, per concentrarsi invece su un’idea molto più sottile e pericolosa, l’orrore come promessa, come miglioramento personale e collettivo, come possibilità seducente che si diffonde e attecchisce. È un libro che fin dalle prime pagine chiarisce quale sarà il suo vero piacere al tavolo, osservare i personaggi avvicinarsi a qualcosa che appare utile, bello, persino salvifico, per scoprire solo dopo quanto il prezzo sia già stato pagato.

Il fulcro concettuale dell’opera è estremamente solido. Il Re in Giallo, qui declinato nella figura del Principe delle Foglie Pallide, non viene trattato come un’entità distante e incomprensibile, ma come un fenomeno culturale, un’informazione virale nel senso più moderno del termine, qualcosa che modifica chi ne entra in contatto e, modificando le persone, altera la realtà stessa. Il Sutra non è un tomo blasfemo tradizionale, non punisce immediatamente con perdite di Sanità chi lo consulta, anzi, il testo gioca apertamente con l’idea che l’assenza di conseguenze immediate venga letta dai giocatori come un segnale di sicurezza. La vera meccanica portante è rappresentata dai Punti di Esposizione, un valore percentuale che misura quanto profondamente la mente di un personaggio sia stata riscritta dalla personalità virale del Principe. Superate determinate soglie, l’ossessione si trasforma in influenza e poi in vera e propria soggezione. È una scelta di design estremamente efficace, perché l’Esposizione non è solo una penalità, ma una presenza costante, una pressione narrativa che il Custode può gestire anche in modo occulto, con tiri segreti e conseguenze che emergono quando ormai il danno è fatto. Ancora più interessante è il fatto che il Principe possa offrire piccoli benefici, protezioni parziali dalla Sanità, coincidenze favorevoli, aiuti sottili che mettono i giocatori davanti alla tentazione più classica dell’horror, accettare un dono sapendo che nulla è davvero gratuito.
L’ambientazione gioca un ruolo fondamentale in questo meccanismo. Il Giappone della seconda metà degli anni Ottanta, in piena Bubble Economy, diventa il terreno ideale per la diffusione del Sutra. Tecnologia, status sociale, consumismo, pressione lavorativa, vita urbana, tutto concorre a rendere credibile l’idea di un messaggio che promette realizzazione e controllo. Il manuale dedica un capitolo introduttivo molto pratico alla vita quotidiana dell’epoca, dai mezzi di comunicazione ai trasporti, dal denaro alla criminalità organizzata, evitando l’effetto cartolina e fornendo strumenti concreti per giocare senza cadere in un’impostazione occidentale forzata. In parallelo vengono introdotte le Lore Sheet, frammenti narrativi che ancorano i personaggi al contesto e che possono fornire un vantaggio una volta per sessione, con il rischio implicito che alcuni di questi legami portino conseguenze inattese. È un modo intelligente per far circolare l’atmosfera direttamente tra i giocatori, senza ricorrere a lunghe spiegazioni fuori dal gioco.

Dal punto di vista strutturale, Carcosa Manifest è un volume estremamente funzionale al tavolo. La campagna è modulare e composta da tre scenari principali più un capitolo articolato in due parti, tutti pensati per poter essere giocati anche singolarmente, ma capaci di intrecciarsi in un arco narrativo coerente e crescente. Per chi desidera una visione più ampia del progetto, esiste il volume gemello Twin Suns Rising, vero e proprio prequel narrativo, ambientato prima degli eventi di Carcosa Manifest e pensato per gettare le basi tematiche e concettuali di ciò che qui trova piena maturazione. Ogni scenario è supportato da flowchart chiari, che aiutano il Custode a gestire il flusso degli indizi senza irrigidire l’indagine, mantenendo ritmo e tensione. La dotazione di mappe e handout è generosa e ben pensata, con materiali che si prestano a essere usati per alimentare curiosità e paranoia, senza mai diventare meri orpelli estetici.
Il primo grande arco narrativo è The Bridge Maiden, diviso in due parti, e funziona come introduzione graduale tanto all’ambientazione quanto ai temi centrali. La storia prende le mosse da una scomparsa apparentemente ordinaria, permettendo agli investigatori di muoversi in una Tokyo credibile, fatta di contatti, ricerche, sopralluoghi e pressioni sottili. Solo lentamente emergono la portata del culto delle Foglie Pallide e il significato simbolico del ponte che dà il titolo allo scenario, non solo luogo fisico ma metafora di passaggio e connessione. La forza di questo capitolo sta nella sua capacità di costruire tensione senza forzare lo scontro diretto, coerentemente con un contesto in cui la violenza aperta non è mai la soluzione più semplice, lasciando spazio a interpretazione, scelte sociali e compromessi pericolosi.

Wonderland rappresenta probabilmente il cuore tematico del volume. Qui il Sutra smette di essere solo testo e diventa esperienza interattiva, sotto forma di un gioco online primitivo, accessibile tramite modem e comandi testuali. L’idea è disturbante proprio perché familiare, un mondo virtuale che risponde direttamente a ciò che il giocatore digita, senza interfacce rassicuranti, come se dall’altra parte ci fosse davvero qualcuno. Il manuale affronta con intelligenza anche il problema del personaggio che rifiuta il coinvolgimento, offrendo soluzioni che vanno dall’accettare quella scelta fino a usare sogni e riflessi come strumenti narrativi, qualora l’Esposizione sia già avanzata. Spoiler leggero: entrando davvero in Wonderland, l’estetica fiabesca viene deformata in qualcosa di febbrile e inquietante, dove ruoli e identità diventano intercambiabili e la perdita del sé è una possibilità concreta. Lo scenario introduce anche una forma di “magia” funzionale, effetti limitati ottenibili tramite il legame con il luogo, ma ogni utilizzo accelera la crescita dell’Esposizione, rafforzando l’idea di un potere che consuma chi lo usa.
The Fixer chiude il volume con un tono ancora diverso, spostando l’attenzione su reputazione, lavoro, vendetta e pressione sociale. L’orrore qui non nasce da rituali arcani, ma dalla tentazione di usare un sistema corrotto per sistemare torti subiti. Il personaggio di Nomura incarna perfettamente questa ambiguità, e lo scenario spinge i giocatori verso ricatti, manipolazioni e umiliazioni piuttosto che verso la violenza diretta. È un capitolo che mostra in modo molto concreto come Carcosa possa insinuarsi nel quotidiano, trasformando il mondo non attraverso cataclismi evidenti, ma rendendo accettabile ciò che prima non lo era. Spoiler leggero: tra i possibili esiti, il manuale contempla finali ambigui, in cui non tutto viene risolto e alcuni personaggi potrebbero scegliere, o essere costretti, ad attraversare definitivamente.

Anche il trattamento di magia e antagonisti merita una nota. Gli effetti mistici, i mandala, i mantra e le entità non vengono mai presentati come strumenti da collezionare, ma come rischi cognitivi, frammenti di Carcosa che funzionano solo perché modificano chi li usa. Il messaggio è costante, non esistono combattimenti equi, ma solo scelte più o meno consapevoli, fughe ben calibrate e rinunce necessarie.
Il volume si chiude con appendici utili, indici ben organizzati e un content advisory molto esplicito, che affronta temi maturi come controllo mentale, isolamento, ossessione e abuso, invitando esplicitamente all’uso di strumenti di sicurezza al tavolo. È una precisazione necessaria, perché The Sutra of Pale Leaves non è una campagna che gioca pulito, tenta attivamente i personaggi e, attraverso di loro, anche i giocatori.

In definitiva, Carcosa Manifest è un supplemento che propone un’idea di orrore estremamente attuale. Non il mostro che distrugge, ma la storia che ti racconti per giustificare una scelta, il desiderio che ti rende disponibile, l’informazione che ti cambia mentre pensi di star solo leggendo, guardando o giocando. Non è una campagna per chi cerca esclusivamente rituali e sparatorie finali, ma per chi vuole esplorare un Re in Giallo che non pretende solo obbedienza, bensì consenso. E in questo, The Sutra of Pale Leaves riesce a essere profondamente inquietante, perché ti fa sentire che la vera perdita non è la Sanità, ma la decisione consapevole di non voler più tornare indietro.
*Versione digitale del manuale fornita da Chaosium in cambio di una recensione onesta.







