Dopo anni di attesa e di tentativi più o meno riusciti di riportare i mostri digitali al centro della scena videoludica, Digimon Story: Time Stranger arriva come il capitolo più maturo e completo di una saga che non ha mai smesso di cercare la propria identità tra nostalgia e innovazione. I fan della serie conoscono bene il dilemma eterno, “Pokémon o Digimon?”, ma questo nuovo episodio riesce finalmente a spostare l’attenzione su un punto diverso: non il confronto, ma la qualità del viaggio che ci offre.
Ho trascorso circa quaranta ore nel mondo di Time Stranger e posso dire senza esitazione che è una delle esperienze più solide e appaganti dell’intera serie Digimon. Non perfetta, certo, ma costruita con cura e sorprendentemente coerente, sia dal punto di vista narrativo che ludico.
La storia inizia con un ritmo alto e cinematografico. Interpretiamo un agente di una misteriosa organizzazione, catapultato nel caos di una Tokyo devastata da battaglie tra Digimon. La missione è semplice: proteggere una ragazza di nome Inori, ma un’esplosione improvvisa cambia tutto, catapultandoci indietro di otto anni. Da quel momento inizia un intreccio di misteri, viaggi temporali e legami emotivi che reggono la trama fino ai titoli di coda. Inori, ignara della verità che la circonda, diventa una compagna di viaggio tanto enigmatica quanto centrale per gli eventi futuri. Le prime ore ci vedono correre tra i quartieri distrutti della capitale, ma presto l’avventura si sposta nel mondo digitale, in particolare nella regione di Iliad, dove vivono i Digimon. È qui che Time Stranger mostra il suo vero volto: una narrazione che alterna dramma e leggerezza, con dialoghi curati e momenti di puro fanservice che faranno sorridere chi ha amato l’anime o i precedenti capitoli della saga.
Certo, non mancano alcuni cliché tipici delle produzioni giapponesi, con battute un po’ prevedibili e personaggi secondari talvolta troppo caricaturali. Tuttavia, il ritmo resta buono e la storia sa coinvolgere, alternando momenti di esplorazione, combattimento e crescita dei Digimon in modo armonioso.

Come nei precedenti Cyber Sleuth, anche Time Stranger divide la sua struttura in due sezioni principali: l’esplorazione e il combattimento. La prima ci porta a spasso tra ambienti del mondo reale e digitale, dove raccogliamo materiali, parliamo con i personaggi non giocanti, completiamo missioni secondarie e potenziamo il nostro team. La seconda rappresenta invece il cuore pulsante del gioco, con un sistema di combattimento a turni ben bilanciato, familiare per i veterani ma rifinito nei dettagli. Ogni battaglia si basa su una scala d’iniziativa che dipende dalla velocità dei Digimon e da altri fattori. Il nostro team è composto da tre combattenti attivi e tre di riserva, con la possibilità di ospitare personaggi aggiuntivi durante determinate missioni. Tutto è sotto il nostro controllo, comprese le abilità speciali del protagonista, chiamate “X Skills”, che possono curare, potenziare o infliggere danni ad area.
Il sistema degli elementi e delle tipologie, Virus, Vaccino e Data, funziona come una sorta di “sasso carta forbice” strategico, arricchito da debolezze e resistenze elementali. Con la giusta combinazione, è possibile infliggere danni fino al trecento per cento del normale, rendendo ogni battaglia una sfida di pianificazione. Nonostante ciò, il gioco non richiede un’eccessiva quantità di scontri ripetitivi e il ritmo resta piacevolmente fluido, rendendo l’ottenimento di nuovi Digimon più semplice e intuitivo rispetto ai titoli precedenti.

Una delle meccaniche più riuscite di Time Stranger è il sistema di acquisizione e crescita dei Digimon. Ogni volta che combattiamo, raccogliamo dati dal nemico, che si accumulano fino a una percentuale massima del duecento per cento. Raggiunto il cento per cento, possiamo generare un nuovo Digimon, e superando tale soglia otteniamo versioni più potenti dello stesso. È un meccanismo che elimina la frustrazione dei lunghi allevamenti tipici dei giochi alla Pokémon, offrendo un approccio più dinamico e gratificante.
L’evoluzione dei Digimon è regolata da diversi parametri, come il livello dell’agente, le statistiche e gli oggetti specifici, ma il vero punto di forza è la Digifarm, una sorta di base operativa fuori dal tempo in cui possiamo allenare e nutrire i nostri compagni. Lasciare un Digimon in addestramento e tornare dopo mezz’ora per scoprire che ha sbloccato una nuova forma o abilità è una soddisfazione autentica, che dà senso di progressione e di cura. Inoltre, le personalità dei Digimon possono evolversi a seconda del nostro comportamento: le risposte ai loro messaggi, le scelte nei dialoghi o il modo in cui li utilizziamo in battaglia influenzano i loro tratti e abilità passive. È un piccolo tocco da gioco di ruolo che aggiunge profondità e coinvolgimento.

Non tutto però funziona alla perfezione. L’interfaccia della Digifarm, per esempio, è macchinosa e poco intuitiva, costringendo a passaggi inutili per gestire anche le azioni più semplici. Alcuni menù avrebbero meritato una rifinitura maggiore, soprattutto per un titolo che punta così tanto sulla gestione. Sul fronte della difficoltà, il gioco tende a essere piuttosto indulgente: dopo le prime ore, le battaglie diventano talmente facili che si rischia di procedere in automatico, almeno fino agli scontri con i boss, che invece rappresentano un netto cambio di ritmo e possono mettere a dura prova la squadra. Fortunatamente è possibile accelerare i combattimenti fino a cinque volte o attivare l’autobattle, rendendo la fase di potenziamento piacevole e mai frustrante.
Il titolo vanta circa quattrocentocinquanta Digimon diversi, un numero impressionante che premia la curiosità. Nel mio caso, dopo quaranta ore di gioco, ne avevo collezionati più di trecento, senza mai sentirmi costretto a ripetere le stesse azioni all’infinito.

Sul piano visivo, Time Stranger si difende bene. Pur non raggiungendo i livelli delle grandi produzioni giapponesi, offre modelli curati, ambienti colorati e animazioni in linea con lo stile anime che da sempre caratterizza la serie. È possibile scegliere il genere del protagonista, personalizzare alcuni elementi estetici e, in un tocco simpatico, ricevere supporto costante via comunicatore dal personaggio non selezionato. Ciò che lascia un po’ perplessi è la mancanza di doppiaggio per il protagonista, in contrasto con la vivacità vocale dei Digimon e degli altri personaggi. Un’assenza che rompe leggermente l’immersione. Sul fronte audio, invece, le musiche riescono a catturare lo spirito dell’avventura: energiche, nostalgiche e perfettamente in sintonia con l’universo Digimon, anche se tendono a ripetersi un po’ troppo nei momenti più lunghi. Interessante la possibilità di sostituirle con brani provenienti da altri titoli della serie, un piccolo regalo per i fan di lunga data.
Digimon Story: Time Stranger è, con ogni probabilità, il miglior gioco della serie Digimon mai pubblicato. Riprende il meglio di Cyber Sleuth, elimina buona parte dei problemi di Next Order e trova finalmente un equilibrio tra storia, esplorazione e collezionismo. Alcuni sistemi secondari potevano essere sfruttati meglio, ma il risultato resta più che positivo: un gioco di ruolo solido, piacevole e capace di intrattenere per decine di ore senza stancare. Per chi è cresciuto con l’anime, è un ritorno a casa. Per chi cerca un’alternativa ai mostri tascabili di Nintendo, è la prova che i Digimon hanno ancora molto da dire, e che, questa volta, lo fanno nel modo giusto.
*Versione testata: Xbox Series X, grazie ad un codice fornito dal publisher







