Creato da Lee Petty (Brutal Legend, Broken Age) e Double Fine Productions, Keeper è il nuovo videogioco della software house di Tim Schafer, disponibile da oggi, 17 ottobre 2025 su PC e Xbox Series X|S (ovviamente disponibile al lancio anche su PC Game Pass ed Xbox Game Pass Ultimate) che ho potuto giocare in anteprima grazie ad un codice fornito dal publisher. Ecco quindi la mia recensione approfondita di questa emozionante avventura.
Un faro che si risveglia
In Keeper interpretiamo un antico faro dimenticato, abbandonato da ere sulla riva di un’isola ormai priva di esseri umani. La sua torpida esistenza viene interrotta dall’arrivo di un uccello marino, Ramoscello (Twig in originale), che precipita sulla sua cima in cerca di riparo da una tempesta malevola, parte di una piaga che sta facendo appassire il mondo, chiamata Sterpomarcio (in originale The Wither).
È allora che, per la prima volta dopo millenni, il faro si riaccende: dalla sua lente screpolata erompe un raggio di luce abbagliante, che disperde le nubi oscure e dà inizio al nostro viaggio. Poi, accade qualcosa di meravigliosamente assurdo: la struttura crolla, si sgretola e poi si rialza con delle radici come gambe. Il faro si fa carne e pensiero, diventa una creatura vivente, consapevole, ed inizia così una lenta e surreale traversata verso la montagna al centro dell’isola, in compagnia del piccolo uccello che ne ha risvegliato la coscienza.

La luce come linguaggio
Il gameplay del gioco ruota attorno al raggio luminoso del faro, che può essere orientato per interagire con l’ambiente e concentrato in un fascio più luminoso grazie alla pressione del grilletto destro del controller. Illuminando un’area, le piante crescono, i sentieri si aprono, le creature reagiscono, la luce è strumento, parola e presenza. A volte serve per spaventare potenziali pericoli, liberare la strada ed interagire con elementi nelle varie zone dell’isola, altre ad indicare la strada a Ramoscello, che può manipolare oggetti o attivare meccanismi inaccessibili al protagonista. Senza spoilerare ulteriormente elementi di gameplay che vi priverebbero del piacere della scoperta, mi limito a dire che il faro può anche eseguire un breve scatto, fin dalle prime fasi di gioco, con la pressione del tasto A del controller Xbox.
Non esistono combattimenti, morti o condizioni di fallimento: Keeper è un gioco che non punisce mai, ma invita all’esplorazione e alla scoperta, è un mondo da abitare più che da “superare”. La regia guida le telecamere che accompagnano il giocatore con cura, incorniciando scorci e dettagli che rendono l’isola un luogo da osservare con meraviglia, quasi come se fosse una sorta di tela surrealista in movimento.

Un sogno lucido
Le sequenze più memorabili di Keeper non sono legate alla risoluzione degli enigmi o al completamento di determinati obiettivi, ma al senso di stupore che riesce ad evocare: un albero che si piega per lasciar passare il faro, una radura che fiorisce al suo passaggio, una caverna in cui la luce si riflette in modo quasi liquido, ogni scena sembra provenire da un sogno condiviso.
Gli enigmi ambientali fanno parte del racconto, mai troppo complessi, mai frustranti, alcune zone sono più dense di interazioni, altre semplicemente esistono per essere vissute, creando momenti di sospensione in cui il giocatore è libero di “respirare” il mondo di gioco.
Il design onirico, influenzato dall’arte di Max Ernst e Salvador Dalí, regala scenari che oscillano tra il naturale e il visionario: alberi che sembrano sculture liquide, rocce che respirano, cieli attraversati da linee di colore che sembrano pennellate con acquarelli, tutto concorre a creare un’atmosfera psichedelica ma serena, in cui l’alienazione e la pace coesistono.

Il creatore, Lee Petty, definisce il gioco “Strano ma rilassato”, un’etichetta che calza perfettamente, non sono richiesti riflessi pronti o strategie complesse, bensì solamente attenzione, curiosità e sensibilità. L’assenza totale di dialoghi, scritti o parlati, trasforma ogni gesto, suono e variazione cromatica in un frammento narrativo, Keeper parla per immagini e suggestioni, lasciando al giocatore la libertà (e la responsabilità) di interpretare ciò che accade a schermo.
Il risultato è un’esperienza che sa essere al tempo stesso intima e misteriosa, in bilico tra racconto ecologista e sogno allucinato ed è difficile non pensare ad opere come Nausicaä della Valle del vento o The Dark Crystal, da cui il gioco trae ispirazione visiva e tonale: mondi “per famiglie”, ma attraversati da correnti più oscure, quasi inquietanti.

Temi e interpretazioni
Sotto la superficie luminosa di Keeper si nasconde una riflessione profonda sul bisogno di connessione e sul ciclo della vita.
Il mondo è ormai privo di umanità, ma la natura si è evoluta, è mutata, forse è diventata consapevole e continua a cercare contatti. Il faro, costruzione artificiale resa viva, diventa il simbolo perfetto di questa tensione tra solitudine ed appartenenza, tra artificio e natura.
È anche un racconto di metamorfosi: quella del protagonista, ma anche del giocatore, che impara a guardare diversamente, la mancanza di spiegazioni testuali spinge ad un coinvolgimento emotivo più profondo: ogni gesto sembra avere un senso che va oltre la logica, come accade nei sogni.
Un’esperienza da vivere, non da completare
In un certo senso, Keeper è più un viaggio contemplativo che un videogioco tradizionale: non si vince, non si perde: si esperisce. La sua forza sta proprio nella capacità di evocare, di lasciare spazi vuoti che ciascuno può riempire a piacere con la propria sensibilità. È un titolo che non tutti ameranno, chi cerca sfide o progressione potrebbe trovarlo troppo lento e compassato, ma chi saprà lasciarsi trasportare troverà un’opera intensamente poetica, capace di toccare davvero corde profonde.

In conclusione, in un panorama videoludico dominato da rumore, frenesia e sovraccarico sensoriale, gli sviluppatori con Keeper scelgono la via opposta: il silenzio. Un silenzio pieno, denso, fatto di immagini, suoni naturali ed interpretazioni personali, un’esperienza che non parla mai direttamente al giocatore e proprio per questo riesce a farsi ascoltare meglio di molte altre.
Keeper è una piccola gemma che brilla per la sua originalità e coerenza artistica. Con il suo ritmo pacato, le atmosfere ipnotiche e la cura maniacale per ogni dettaglio visivo e sonoro, Double Fine regala un’esperienza che sembra più un ricordo da rivivere che un gioco da consumare. È una fiaba post-umana, una meditazione sulla vita dopo l’uomo, ma anche una dichiarazione d’amore verso la curiosità, la scoperta e la luce, intesa come conoscenza e come speranza. Quando, alla fine del viaggio, il faro si ferma davanti alla montagna ed il mondo attorno a lui sembra respirare, si ha la sensazione di aver davvero vissuto qualcosa di unico.
*Versione testata: Xbox Series X|S grazie ad un codice digitale fornito dal publisher, ho completato Keeper in circa sette ore, esplorando a fondo il mondo di gioco.







