L’esplosiva uscita di Daggerheart, secondo sistema di gioco originale della Darrington Press – la casa editrice di Critical Role – ha registrato in pochi giorni il tutto esaurito in ogni parte del mondo. Nonostante il gioco circoli già da un paio d’anni in versione Beta – i pdf erano gratuitamente scaricabili ed utilizzabili – l’hype per la creazione fantasy di Matt Mercer e soci è andato alle stelle, e la community globale sta ammaccando tavoli su tavoli a colpi di d12.

Ma Daggerheart si merita tutto questo clamore? Beh, senza girarci troppo attorno… sì. Playtestato per anni da centinaia di critters e non solo (ommiddio un sistema di gioco a cui, prima di pubblicarlo, hanno effettivamente giocato e non sarà stravolto/faqqato dopo 15 minuti), elaborato da chi il gdr lo ama, lo pratica e lo intende come una forma di cultura, di arte, di baluardo della creatività e dell’incontro umano, Daggerheart riesce a prendere da ogni gdr quel che funziona… lasciando il resto. Troverete un sacco di cose già sentite, già viste, un rassicurante sapore di casa, ma ripulito da tutta quella roba che non si sa perché fosse in cucina ma nessuno aveva il coraggio di buttarla via (sì, combattimento a turni, stiamo parlando con te).
Daggerheart restituisce dignità ad un dado oggettivamente figherrimo, ma che riesci ad usare solo se sei un barbaro con l’ascia bipenne: il d12, magico già nella forma e nelle risonanze mistiche con i Cavalieri dello Zodiaco… quel dado che ti tenevi perché era nel set e guardavi con nostalgia ora finalmente, carichissimo ed incazzato dopo aver guardato tutti gli altri stare sotto i riflettori per decenni, si prende il suo posto al centro del palco e inizia a darci dentro.
Sì, perché in Daggerheart avrete la stessa meccanica di numero bersaglio e tiri abilità degli altri sistemi gdr, ma li affronterete tirando… DUE d12, i duality dice (dadi dualità), che rappresentano le due facce della sorte tra le quali il vostro personaggio dovrà sempre e continuamente ricercare un equilibrio. I dadi dualità rappresentano infatti la speranza e la paura (oplà, ecco L’Unico Anello e Il Richiamo di Cthulhu a cena insieme), ed il nostro tiro li vedrà sommare insieme i propri valori – permettendoci di riuscire in media più facilmente nei tiri – determinando però una differenza se il valore più alto sarà stato portato dalla speranza o dalla paura. Potremo quindi riuscire con speranza o con paura oppure fallire con speranza o con paura: le sfumature sono genialmente riassunte nelle quattro espressioni: “Sì, e in più…”, “Sì, ma…”, “No, ma…”, “No, e in più…”
Visto? Avete già capito. Questa è la stoffa del genio.

Le caratteristiche del personaggio si definiscono in un attimo: sono 6 e vanno attribuiti i valori di base +2, +1, +1, 0, 0, -1 (c’è solo il modificatore, non un punteggio tirato con 3d6 che tanto poi non lo uso perché mi serve solo il modificatore e allora che madonna serve avere anche il valore che poi non capisco in quale parte dello scudo della scheda devo scrivere il modificatore e in quale la caratteristica e ognuno fa quel cazzo che gli pare e il Master smadonna perché non sa più dove guardare). Oplà.
Le classi e le razze sono tante e meriterebbero un articolo a parte, ma sono veramente interessanti. Il Ranger funziona. Silvanus, HAI SENTITO? C’E’ UN RANGER CHE FUNZIONA!
Sul sito daggerheart.com, inoltre, trovate già delle nuove classi in playtest, che potete scaricare gratuitamente assieme a tutti i materiali ufficiali – manuale escluso – necessari per giocare.
Il sistema di tiro di Daggerheart strizza l’occhio anche a chi non è a suo agio con la matematica: il set Deluxe del gioco comprende un ricco sacchetto di gemme in plastica (ma si può usare letteralmente qualsiasi cosa) che funzionano come token, e consiglia di tirare i token assieme ai dadi: ogni token un +1 o -1… per fare i calcoli più intuitivamente. E poi più roba tiri più bello è tirare (no, il gatto non vale): lo sappiamo tutti, ma prima non ce lo facevano fare.
Anche il calcolo dei danni in combattimento è estremamente veloce: i personaggi hanno delle soglie di danno, fornite dall’armatura e dal livello del personaggio, che determinano se il colpo del nemico causa 1, 2 o 3 punti ferita (limitabili utilizzando l’armatura). Insomma i danni che ti fanno e le ferite che prendi non sono più la stessa cosa (addio attacchi sgravoni, ce ne faremo una ragione), ma determinano soltanto in quale “fascia” di danno il colpo si attesta.

Anche il colpo critico subisce un trattamento di favore, e diventa molto più probabile: qualsiasi doppio con i duality dice (yes baby, anche il doppio asso) è un colpo critico!
Progettato da un gruppo di persone appassionate di miniature e di combattimenti giocati su mappa, Daggerheart ci propone di misurare le distanze di combattimento in maniera semplicissima: corpo a corpo, tutto ciò che sta entro il lato corto di una carta, tutto ciò che sta entro una matita, tutto ciò che sta entro un foglio A4 (o oltre). Voilà. Arrivederci tabelle metriche, convertitore Google perché porca rosaria non mi ricordo quanti minchia sono 18 piedi in metri… (naturalmente per tutti gli scassaminchia tra voi che “No aspetta voglio sapere quanti metri esatti fa il mio incantesimo per prendere dentro all’esplosione più coboldi possibile ma invece il tesoro lo manco esattamente di 20 cm perché centro l’incantesimo con precisione da cecchino che manco Ethan Hunt mentre intanto mi menano 8 bugbear e un drago bianco”… ci sono anche le tabelle di conversione metrica. Scritte in piccolo, così fate fatica. E ve lo meritate, perdio). In questo modo non perderete tempo a contare i quadretti, ma immaginerete scene di combattimento dinamiche ed emozionanti, e se proprio vi fate prendere la mano il Narratore vi chiederà dei tiri per riuscire nelle vostre mirabolanti imprese. Insomma, se esagerate poi vi mettete nei casini: imparate a creare, ma con moderazione.
La dinamica ovviamente più interessante di Daggerheart è l’utilizzo di speranza e paura. Lungi dall’essere soltanto un modo di determinare i quattro possibili risultati di un’azione, sono la vera linfa vitale del gioco. Ogni volta, infatti, che un giocatore tira “con speranza” (cioè nel tiro il dado speranza ottiene un risultato più alto di quello paura), il personaggio accumula una speranza (max 6), che potrà utilizzare per azioni speciali, per fornirsi vantaggio (un d6 aggiuntivo al tiro) oppure per attivare le sue abilità. Le abilità di classe, razza, background… sono tutte facilmente accessibili in un mazzo di carte (divise per livello) tra cui scegliere. La creazione del personaggio si svolge quindi molto velocemente con una semplice scelta tra due carte (alla volta): prendo questa o quella? E nella prossima coppia? Le classi si suddividono inoltre in Domini, ambiti di potere e d’azione che ne caratterizzano in modo estremamente narrativo ed interessante le diverse capacità. Le razze e classi a disposizione strizzano l’occhio, ma in modo molto originale e cercando di prenderne i pregi lasciando i difetti, a tutto il panorama dei gdr fantasy, rendendo Daggerheart adatto ad interpretare personaggi di qualsiasi mondo ed ambientazione (il manuale ne contiene soltanto un primo abbozzo).

Ma… la paura? La paura è una risorsa del Narratore. Ogni volta che un giocatore tira “con paura”, il Narratore prende un token paura (max 12). Il ruolo del Narratore in Daggerheart è molto simile a quello che si trova in giochi come City of Mist: il flusso narrativo dell’azione dei giocatori è infatti molto libero – anche in combattimento, dove non esiste un ordine di iniziativa ma i giocatori si accordano su come agire – ma il Narratore ha la possibilità di intervenire in tale flusso utilizzando i propri token paura per effettuare delle “mosse” che rendono la situazione interessante e gettano un po’ di pepe sul percorso dei protagonisti. Una “mossa del Narratore” può andare dal far scattare una trappola, all’arrivo di un PNG o di una situazione inaspettati, ad un attacco aggiuntivo di un nemico… la lista è varia, e chi ha familiarità con i giochi powered by the Apocalypse riconoscerà al primo sguardo quel di cui stiamo parlando. La grande innovazione di Daggerheart è la sintesi riuscita tra questo tipo di approccio narrativo e regolistico ed una struttura di base che invece ricorda maggiormente D&D ed i suoi eponimi.
La figura del Narratore ricorda quindi da un lato quella di City of Mist e dall’altro quella di Symbaroum, in cui il Master non tira mai i dadi ma sono i giocatori gli artefici del proprio destino: Daggerheart trova anche qui un buon equilibrio riportando nelle mani del Narratore un dado fondamentale (eh beh, mica pensavate fosse scomparso?): il d20! I tiri per colpire dei mostri/avversari sono infatti classici tiri di d20, fornendo così al Narratore uno strumento meno “stabile” di quello dei personaggi in termini di successo, ma molto più “drammatico”: è altrettanto facile fare pochissimo e tantissimo. La scelta dei dadi non va quindi su un piano “paritetico” sindacalistico (i giocatori sono chiaramente avvantaggiati, essendo i protagonisti), ma viene condotta su un piano narrativo. I mostri hanno poi una serie di attività molto interessanti, attivate dalla paura, che rendono il combattimento asimmetrico ed inaspettato, ricco di colpi di scena a cui i giocatori devono saper reagire con creatività, anziché pianificare in ordine di iniziativa una serie di colpi “a botta sicura” o comunque di outcome abbastanza scontato (salvo sfiga).
Daggerheart enfatizza infatti ad ogni passo l’invito a raccontare storie epiche, divertenti e soddisfacenti per tutti, aiutandosi con i dadi nel miglior modo possibile (vi sono anche delle indicazioni molto fantasiose per giocare personaggi con menomazioni o caratteristiche come cecità, sordità… avete mai visto delle regole per una letale sedia a rotelle da battaglia?). Non è la mia fetta di torta, ma avete anche una vasta scelta di razze: volete giocare il rospetto puccioso? La fatina? L’uomo tartaruga? Oltre a razze più conosciute e a mio avviso appetibili ci sono pure queste. Nelle mie campagne no, sono morte tutte. Succede. Ma se avete Laura Bailey al tavolo avrete qualcosa di coccoloso da farle giocare (l’uomo fungo come nella sua prima one-shot, ad esempio).

Non ho riportato qui tutte le regole e le meccaniche: non le ho nemmeno esposte in ordine consequenziale. Non sto scrivendo un quickstart di Daggerheart, ma sto cercando di trasmettervi la capacità innovativa di questo gioco dovuta alla grande esperienza di chi l’ha realizzato, che ha evidentemente giocato a tutto e ha perfettamente chiaro cosa funziona attorno ad un tavolo e che cosa è invece pura pedanteria atta a mantenere coerente la mentalità generale delle regole. Quante volte ci siamo chiesti: “Minchia ma perché questa cosa non posso farla come in quell’altro gioco, che funziona meglio ed è più divertente?” Esatto. Ora è arrivato qualcuno che ha detto: “Ottima domanda: perché no?”
Se siete esperti di sistemi di gioco, sapete già giocare a Daggerheart. Scorrete velocemente il manuale, oppure i videotutorial dell’inossidabile Matt Mercer, e tra 15 minuti sarete al tavolo da gioco. Se siete meno esperti, o se avete sempre e solo giocato D&D (su Serial Gamer? Ahahahahahahahahah), preparatevi ad un’esperienza di divertimento e narrazione dal respiro molto più ampio. Preparatevi a poter immaginare di più, a fregarvene un po’ di più di quello che “si può” e “non si può” fare ed a godervi il viaggio, lasciando che la speranza e la paura si fronteggino nell’eterno cammino dell’avventuriero.
Daggerheart ha davvero la potenzialità di diventare un gdr definitivo: mette insieme tutto quel che c’è di buono sulla piazza facendo pulizia delle meccaniche ridicole (addio, sneak attack del ladro ogni round perché sono nascosto dietro l’unghia di tua sorella incoronata) o farraginose: il combattimento a turni, il riposo che magicamente riattacca arti uniti solo da un lembo di pelle (qui il riposo prevede delle opzioni tra cui si deve scegliere…), e chi più ne ha più ne metta.

Il mio consiglio: non aspettate che escano magiche ambientazioni o adattamenti. Magari saranno splendide, ma sarà un di più. Giocatelo intanto nel setting che preferite – a Dragonlance, a Golarion, ad Exandria… portatelo con voi e fatelo crescere ed incontrare, perché no, anche con qualche vostra regola preferita di altri gdr – che può facilmente entrare in un sistema così dinamico e flessibile (ma non per questo semplicistico o banale).
Vi dico un’ultima cosa: la gente già ci giocava gratis da due anni… e ora che è uscito è sold out. Un motivo ci sarà… o siete complottisti del Mercer effect?
Consigliato: a tutti, a meno che non siate una piantagione di ficus che non è in grado di immaginare niente se il manuale non dice esattamente cosa succede ad ogni tiro di dado.
Sconsigliato: a chi, odiato dai numi e da tutto quel che rende uomo l’essere umano, non è in grado di dire: “Con un fendente colpisco l’orco al petto facendolo arretrare sanguinante”, ma anche sotto tortura sa dire soltanto (che manco Tarzan delle scimmie): “Ho fatto 5 danni”. Vi auguro pistacchi chiusi.








