Nel corso degli ultimi quarant’anni, il mondo del videogioco ha subito una trasformazione radicale, passando da un fenomeno di nicchia a una delle industrie dell’intrattenimento più rilevanti a livello globale. Se nei primi anni ‘80 il gaming era appannaggio di una ristretta cerchia di appassionati e si sviluppava principalmente attorno a sale giochi e console casalinghe con grafica rudimentale, oggi coinvolge centinaia di milioni di persone di tutte le età, distribuite su ogni continente.
La crescita tecnologica ha ampliato non solo le possibilità tecniche e narrative dei videogiochi, ma anche il loro impatto culturale e sociale. Titoli moderni competono per complessità con le produzioni cinematografiche, e l’esperienza videoludica si è evoluta in una forma d’arte interattiva capace di generare empatia, riflessione e coinvolgimento emotivo. In parallelo, l’accessibilità garantita da dispositivi mobili, console portatili e piattaforme digitali ha reso il gaming un’attività trasversale alle generazioni, capace di unire adolescenti, adulti e persino anziani intorno a esperienze condivise, competitive o cooperative.
Cartucce: l’origine materiale dell’intrattenimento
I primi videogiochi per console domestiche furono distribuiti su supporti fisici noti come cartucce, dispositivi a stato solido contenenti chip di memoria ROM programmata con il codice del gioco. Questa soluzione tecnica, dominante dagli anni ‘70 fino alla metà degli anni ‘90, garantiva tempi di caricamento pressoché nulli e una notevole robustezza del supporto fisico. Le cartucce erano però costose da produrre e avevano una capacità di memoria limitata rispetto ai supporti che sarebbero arrivati successivamente. Eppure nell’immaginario collettivo l’epoca dei 16 bit, nel pieno degli anni ‘90, è quella che lasciato il segno più visibile. Ancora oggi molti fan si divertono persino a creare da zero videogiochi con quella grafica, sicuramente più maneggiabile rispetto a quella moderna. Inoltre, i riferimenti e le citazioni ai giochi dell’epoca continuano come se fossero sempre d’attualità. In particolare, alcune musiche e alcuni specifici suoni dei giochi celebri di quel periodo sono diventati iconici e facilmente riconoscibili, motivo per il quale non è raro ritrovarli a mo’ di transizione nei video di qualche content creator o anche durante una partita tra le slot machine online, che non a caso utilizzano spesso persino delle grafiche ispirate allo storico passato videoludico.
CD-ROM: la rivoluzione
A partire dalla seconda metà degli anni ’90, con l’introduzione della prima PlayStation, il settore videoludico assistette al passaggio dai supporti a cartuccia ai CD-ROM. Il Compact Disc permetteva una capacità di archiviazione significativamente superiore, consentendo l’inclusione di contenuti multimediali più ricchi come video in full motion, colonne sonore orchestrali e ambientazioni tridimensionali più complesse.
Dal punto di vista industriale, i CD risultavano anche più economici da produrre, incidendo positivamente sui costi di pubblicazione e distribuzione. Questo cambiamento, oltre ad agevolare la diffusione su larga scala dei titoli, aprì la strada a una nuova generazione di esperienze interattive, più immersive e cinematiche. Tuttavia, il supporto ottico introduceva anche alcuni svantaggi come una maggiore fragilità rispetto alle cartucce e tempi di caricamento più lunghi. Nonostante ciò, la transizione fu pressoché totale e definitiva, consacrando il formato disco come standard del settore per oltre un decennio.
Il digitale: accessibilità, aggiornabilità e dematerializzazione
Con l’avvento della banda larga e delle piattaforme online, la distribuzione digitale dei videogiochi ha progressivamente sostituito quella fisica. Steam, PlayStation Network, Xbox Live e Nintendo eShop sono solo alcuni esempi di ambienti in cui i titoli possono essere acquistati, scaricati e aggiornati in tempo reale. E l’intelligenza artificiale sta facendo fare un ulteriore passo in avanti al mondo del gaming. Il supporto digitale ha rivoluzionato il concetto stesso di pubblicazione videoludica come non più legata a un oggetto fisico, ma a un ecosistema software costantemente aggiornabile. Questa transizione ha permesso agli sviluppatori di rilasciare patch correttive, espansioni e contenuti aggiuntivi anche dopo l’uscita ufficiale del gioco, prolungandone la longevità e migliorandone la stabilità tecnica.
Inoltre, l’assenza di vincoli legati alla produzione e distribuzione fisica ha favorito l’emersione di piccole realtà indipendenti, le quali possono oggi pubblicare i propri titoli su scala globale senza dover ricorrere a un editore tradizionale. Al tempo stesso, la digitalizzazione ha sollevato interrogativi critici sulla conservazione a lungo termine dei videogiochi, sulla proprietà effettiva del software acquistato e sulla dipendenza dalle infrastrutture online.







