Battlecry è un supplemento per Pathfinder Seconda Edizione Remaster del 2025, pubblicato da Paizo Inc., che porta in primo piano il tema della guerra all’interno di Golarion e lo fa con una miscela molto densa di nuove opzioni per i personaggi, sottosistemi di gioco e supporto narrativo per campagne militari su larga scala, al momento non è ancora disponibile un’edizione italiana. Fin dalle prime pagine il manuale si presenta come un vero “compagno d’armi” della linea Remaster, pensato per chi vuole trasformare la propria campagna in un conflitto aperto tra eserciti, pur senza abbandonare il cuore di Pathfinder, ovvero i personaggi dei giocatori e le loro scelte eroiche.

Il volume si apre con una lunga introduzione che inquadra la Guerra del Mare Interno, il nuovo grande evento metanarrativo successivo al Godsrain, offrendo subito una prospettiva chiara sul tono che Battlecry vuole avere. La guerra non è trattata come simulazione cruda e cinica ma come scenario epico in cui gli eroi possono davvero fare la differenza, pur senza nascondere che morte e traumi sono parte integrante di un conflitto. C’è persino un esplicito content warning che invita i gruppi a confrontarsi sui propri limiti e a usare gli strumenti di gioco responsabile del GM Core prima di buttarsi in una campagna a tema bellico, un dettaglio editoriale che ho apprezzato molto perché rende il manuale consapevole del peso del tema che affronta.
Dal punto di vista delle opzioni per i personaggi, il primo capitolo “Conquering Heroes” è una vera vetrina di novità. La nuova aancestralità jotunborn porta al tavolo dei giganti “nati dai jotun”, esseri colossali legati ai piani e creati, in lore, a partire dai resti dei titani ribelli. Sono creature Large di base, con fisici imponenti e caratteristiche particolari come la “iivlar weaving”, sottili fili di seta planare intrecciati nella pelle che emettono luce e possono sbloccarsi in vari poteri, da piccoli scatti di teletrasporto fino a capacità di modellare il terreno o innalzare muri temporanei. Le eredità consentono di interpretare jotunborn guerrieri, saggi custodi di tradizioni, tessitori di seta planare o esploratori abituati a saltare tra i piani, con una struttura che punta molto sul tema della custodia e della responsabilità verso i luoghi e le comunità. In termini meccanici l’Ancestralità è potente, tra robustezza fisica e feat di alto impatto come l’aumento di taglia a Huge ai livelli più alti, ma il design la rende comunque gestibile al tavolo, con un chiaro ruolo da presenza dominante sulla scena e non solo in combattimento.

Accanto all’Ancestralità troviamo una ricca serie di background legati alla guerra, dalle figure tecniche come il meccanico da campo e il carpentiere da assedio, a ruoli più sociali come il cappellano militare o il medico delle epidemie, passando per il semplice coscritto catapultato al fronte suo malgrado. Ogni background dà la sensazione di essere un gancio narrativo già pronto, con competenze che parlano di vite vissute tra assedi, ospedali da campo e logistiche di esercito, e che funzionano molto bene per agganciare i personaggi alle trame dell’Inner Sea War o a qualunque altro conflitto su larga scala.
Le vere star di Battlecry però sono le due nuove classi, il comandante e il guardiano. Il comandante è un leader da campo che usa l’Intelligenza come attributo chiave, un dettaglio che lo posiziona come alternativa interessante alle figure marziali più fisiche e ai classici incantatori tattici. In termini di fiction è l’ufficiale che legge il campo di battaglia, segnala con gesti, bandiere o urla secchissime e coordina le manovre dei compagni. Meccanicamente è costruito attorno a tre pilastri, il “commander’s banner”, una bandiera o simbolo che amplifica molti suoi poteri, il sistema di “tactics” che permette di spendere azioni per migliorare le azioni offensive e difensive degli alleati, e le “drilled reactions”, reazioni apprese con l’addestramento che consentono di reagire a movimento e attacchi nemici in modo estremamente coordinato. La progressione privilegia competenze elevate in Percezione e tiri salvezza Riflessi e Volontà, con una robusta base di capacità strategiche che lo rendono efficace tanto al tavolo tattico quanto nelle scene sociali in cui si parla di piani di guerra e diplomazia.

Il guardiano, dall’altra parte della barricata, è il muro di scudi di Battlecry. Classe marziale con Forza come attributo chiave e 12 punti ferita per livello, nasce per indossare armature medie e pesanti e per incassare danni al posto del gruppo. Il suo tratto distintivo è “Guardian’s Armor”, una resistenza fisica piatta che scala con il livello e che lo rende immediatamente percepibile come personaggio molto più duro della media, a cui si aggiungono la possibilità di riposare tranquillamente in armatura e tutta una serie di talenti che girano attorno all’uso del blocco di scudo. Iconici sono l’azione “Taunt”, che incentiva i nemici ad attaccarlo penalizzando gli attacchi che non lo includono, e la reazione “Intercept Attack”, con cui si getta letteralmente in mezzo per prendere un colpo destinato a un alleato. Salendo di livello il guardiano si arricchisce di talenti che allargano l’ombrello difensivo, come la possibilità di estendere i benefici dello scudo agli alleati adiacenti o di rimanere in piedi a 1 punto ferita dopo un colpo che lo avrebbe mandato a terra, trasformandolo in una figura quasi iconografica del paladino in armatura integrale che non arretra di un passo.
Il secondo capitolo, “Banded Together”, amplia l’offerta con una serie di archetipi che declinano la guerra in tanti registri diversi e che funzionano bene anche in campagne non strettamente militari. Troviamo gli archetipi di multiclasse per comandante e guardiano, ovviamente, ma anche specializzazioni come il guerrigliero abituato a combattere dietro le linee nemiche, il “field propagandist” che combina capacità sociali e magia per influenzare il morale delle truppe, il necrologista che guida piccoli reparti di non morti o il “war mage” focalizzato su magia da battaglia, bombardamenti e controllo del campo. Completano la sezione il munitions master esperto in esplosivi e armi da fuoco, il crossbow infiltrator per chi ama la furtività armata di balestra, l’Iridian choirmaster che usa il potere del canto corale per supportare gli alleati, e l’immancabile Aldori duelist che lega il manuale al filone più classico di Pathfinder. È un ventaglio molto ampio, che offre opzioni convincenti tanto per i personaggi dei giocatori quanto per PNG memorabili, soprattutto se si vogliono costruire unità tematiche o interi reparti con un’identità precisa.

Nello stesso capitolo trovano spazio anche i “Followers”, un sistema di seguaci e alleati minori che permette di codificare in regole la presenza di scudieri, staff medici, squadre di artificieri e altre figure di supporto, e una sezione di “Battle Magic” con incantesimi pensati esplicitamente per il campo di battaglia, come potenziamenti di massa, barriere, bombardamenti e difese contro assedi, affiancati da rituali d’assedio che ampliano molto il repertorio dei maghi militari. Tutto è fortemente tematico, con nomi e meccaniche che richiamano sempre la dimensione collettiva della guerra.
“Instruments of Battle”, il terzo grande blocco del manuale, sposta l’attenzione sull’equipaggiamento. Qui troviamo una carrellata di armi d’assedio e veicoli da guerra, pensati sia per gli scontri campali sia per missioni più mirate. Catapulte, cannoni, arieti, macchine esotiche e munizioni planari scorrono in una sezione che presenta tutto in chiave Remaster. A valle di questa parte c’è una vera armeria che copre armature e scudi magici, armi da mischia e a distanza, munizioni speciali, oggetti indossati o tenuti in mano, e soprattutto due novità concettuali riuscite, le whetstones e le bandiere magiche. Le whetstones sono “affilature magiche” monouso che si applicano all’arma e offrono per un minuto effetti tematici che vanno dal semplice bonus al danno alla possibilità di muoversi con un passo gratuito quando si usa Estrazione Rapida, come nella windstep sheath. Le bandiere invece formalizzano il ruolo dei vessilli come centri di morale e aura, con effetti che si estendono in un raggio di nove metri e interagiscono con la classe del comandante, che può designare una bandiera come proprio “commander’s banner”.

Il quarto capitolo, “The Art of War”, è il cuore sistemico di Battlecry e introduce il sottosistema di Skirmish Warfare insieme a un bestiario tematico di truppe e una lunga sezione di consigli per campagne di guerra. Le schermaglie sono pensate per mettere i personaggi alla guida di truppe rappresentate da blocchi “troop”, creaturoni che fungono da aggregato di decine di soldati. Ogni personaggio guida una truppa, si muove al suo interno come se fosse un cavaliere in sella, e nel proprio turno condivide un pool di azioni tra sé e la truppa. Il sistema insiste sul fatto che si sta ancora giocando Pathfinder, non un wargame separato, quindi tutte le capacità del personaggio restano valide, ma vengono affiancate da azioni di schermaglia e legami detti skirmish bonds che collegano abilità personali e capacità del reparto. È un design accessibile e abbastanza diverso dal combattimento standard da dare la sensazione di comandare davvero un’unità.
Subito dopo troviamo il “Garrison”, una sezione che mette sul tavolo una grande quantità di blocchi truppa, da sharpshooter nani a legioni di diavoli, statue animate e reparti di wight, con consigli su come costruire reparti personalizzati. Il capitolo prosegue con “War Campaigns”, una guida su come strutturare una campagna centrata sulla guerra, con suggerimenti pratici su obiettivi, fronti di battaglia, ritmo e uso dei Victory Point del GM Core per rappresentare l’andamento del conflitto. Chiude il capitolo un “War Gazetteer” che passa in rassegna vari hotspot del conflitto nel Mare Interno, con tabelle di spunti tattici e narrativi.

A legare tutti questi blocchi meccanici c’è una cornice narrativa molto piacevole, “A Reporter’s Journey into War”, che segue la giornalista Arianna Dreth mentre documenta il conflitto e, soprattutto, l’incontro tra l’orc comandante Ulka Oathshriek e il jotunborn guardiano Grimmyr. I loro scontri con pirati, draghi e agenti di Cheliax fungono da filo conduttore tra i capitoli, mostrando esempi concreti di utilizzo delle regole senza trasformarsi in un’avventura precostruita.
Nel complesso Battlecry è un supplemento molto denso e specializzato, che non si limita a fornire opzioni marziali ma prova a dare una struttura coerente alle campagne di guerra in Pathfinder Remaster. I punti di forza sono evidenti, due classi nuove che coprono archetipi molto richiesti, leader strategico e tank puro, un’Ancestralità originale e ben caratterizzata, archetipi e incantesimi che respirano guerra in ogni dettaglio e un sottosistema di schermaglie che riesce a far combattere eserciti senza tradire l’identità del gioco. Il lato negativo è legato al grado di specializzazione, perché buona parte del volume dà il meglio di sé solo se la campagna abbraccia davvero il tema della guerra.
Se però l’idea di raccontare una storia in cui i personaggi non sono semplici avventurieri ma figure decisive in grandi campagne militari vi affascina, Battlecry è un’aggiunta preziosa alla libreria di Pathfinder Seconda Edizione Remaster, capace di trasformare la guerra in un palcoscenico epico per gesta memorabili senza perdere di vista l’umanità dietro scudi e vessilli.
*Copia digitale del manuale fornita da Paizo Inc. per la recensione.







