Sono passati pochi mesi dall’annuncio di Towa and the Guardians of the Sacred Tree, disponibile su PC, PS5 ed Xbox Series X|S dallo scorso 19 settembre, ma il nuovo titolo di Brownies ha già attirato l’attenzione di molti appassionati di roguelike grazie al suo stile artistico e a un gameplay che prometteva profondità. Dopo averlo giocato a fondo, posso dire che non solo mantiene le promesse, ma riesce anche a distinguersi in un genere affollato, offrendo un equilibrio riuscito tra azione, narrazione e strategia. Non è un gioco perfetto, ma è uno di quelli che riescono a farsi amare per la loro coerenza, per la cura nei dettagli e per la genuina passione che traspare in ogni elemento.
La storia è sorprendentemente ricca per un titolo di questo tipo. Al centro c’è Towa, una guerriera determinata a salvare il villaggio di Shinju dall’ombra dei Magatsu, creature colossali e mostruose generate da una divinità malvagia che minaccia di consumare il mondo. A differenza di molti roguelike, dove la trama è spesso solo un pretesto per giustificare le meccaniche di gioco, Towa and the Guardians of the Sacred Tree sceglie di dare importanza ai suoi personaggi e al loro destino. Non si tratta di un racconto complesso o carico di colpi di scena, ma di una storia semplice e sentita, costruita attorno a un piccolo villaggio che cerca disperatamente di restare unito di fronte a una minaccia incombente. Il mondo di Shinju è abitato da persone comuni, con le loro paure e le loro speranze, e la scrittura riesce a trasmettere questa umanità con grande efficacia. Il doppiaggio, impeccabile in ogni ruolo, contribuisce a rendere credibili i dialoghi e a dare spessore emotivo a ogni scena.
Towa è una protagonista che funziona perché non è solo un’eroina senza macchia, ma una donna che deve fare i conti con la perdita, con la fatica e con il peso delle proprie responsabilità. Il gioco racconta la sua lotta interiore tra il desiderio di proteggere gli altri e la consapevolezza di non potercela sempre fare. È una tensione costante che accompagna tutta l’avventura, e che permette di empatizzare con lei anche quando la narrazione si fa più rarefatta per lasciare spazio all’azione. Brownies ha dimostrato una notevole attenzione nella costruzione del suo mondo narrativo, riuscendo a bilanciare con naturalezza i momenti di introspezione e quelli di pura adrenalina.

Dal punto di vista del gameplay, Towa and the Guardians of the Sacred Tree segue la tradizione del roguelike d’azione: livelli generati proceduralmente, combattimenti serrati e un sistema di progressione che spinge a migliorarsi costantemente. Ogni partita è una combinazione di percorsi e scelte, con la possibilità di affrontare nemici comuni, boss intermedi o eventi speciali che mettono alla prova la resistenza del giocatore. Dopo ogni sezione, è possibile selezionare la strada successiva tra varie opzioni, che possono condurre a nuove battaglie, punti di raccolta risorse o potenziamenti temporanei. Questa struttura dona al gioco una buona varietà e un ritmo incalzante, anche se dopo qualche ora la ripetizione di certi schemi diventa evidente.
Uno dei principali limiti del gioco è infatti la ripetitività dei nemici. Sebbene la progressione introduca gradualmente nuove creature, si tende a incontrare spesso le stesse tipologie di avversari, con differenze più estetiche che sostanziali. Ciò non compromette il divertimento, ma può rendere alcune sessioni meno stimolanti del previsto. A bilanciare questo aspetto arrivano però i mid-boss e i boss principali, che offrono scontri più impegnativi e con pattern d’attacco più elaborati. Anche qui, la difficoltà non raggiunge mai livelli frustranti: Towa and the Guardians of the Sacred Tree non è un gioco pensato per punire, ma per coinvolgere. Gli attacchi dei nemici sono leggibili e le loro mosse prevedibili, il che consente di sviluppare una strategia efficace dopo qualche tentativo. Alcuni potrebbero considerarlo un difetto, ma questa accessibilità rende il gioco più piacevole per chi cerca un’esperienza appagante senza dover affrontare un muro di difficoltà.

Il sistema di combattimento, veloce e reattivo, è il cuore pulsante del gioco. Le battaglie sono intense e ben ritmate, con ondate di avversari che costringono a muoversi costantemente e a sfruttare al meglio le abilità dei propri personaggi. Uno degli aspetti più interessanti è la possibilità di scegliere, prima di ogni missione, quale coppia di protagonisti portare con sé. All’inizio Towa non è disponibile, e il giocatore deve selezionare tra i suoi compagni dispersi: combinazioni diverse portano a stili di gioco completamente differenti. Ad esempio, schierare Rekka e Akazu garantisce velocità e abilità magiche, mentre Rekka e Bampuku — un enorme felino antropomorfo — privilegiano forza bruta e resistenza. Questa flessibilità aumenta la longevità e invita a sperimentare, rendendo ogni run diversa dalla precedente.
Un altro elemento distintivo è il sistema di creazione e potenziamento delle armi. Invece di affidarsi a un semplice negozio o a un menù di statistiche, il gioco propone un vero e proprio minigioco di forgiatura, in cui il giocatore deve battere il metallo a tempo e precisione per ottenere il risultato desiderato. È un dettaglio che aggiunge coinvolgimento e rende il miglioramento dell’equipaggiamento parte integrante dell’esperienza. Le spade forgiate possono poi essere personalizzate con iscrizioni, gemme che modificano i parametri offensivi o difensivi e aggiungono bonus specifici come velocità o resistenza. Questo sistema di crafting, semplice ma profondo, dona una sensazione di controllo e progressione molto gratificante. Creare la propria arma ideale, testarla in battaglia e poi migliorarla ulteriormente è uno degli aspetti più soddisfacenti dell’intero gioco.
Sul fronte tecnico e artistico, Towa and the Guardians of the Sacred Tree conquista immediatamente. L’impostazione isometrica non è innovativa, ma la qualità dell’art direction la rende straordinariamente vivace. Ogni ambiente, dal villaggio di Shinju alle terre infestate dai Magatsu, è ricco di dettagli e colori che catturano lo sguardo. Le animazioni fluide, i giochi di luce e l’uso sapiente dei contrasti cromatici danno vita a un mondo coerente e affascinante, capace di immergere completamente il giocatore nella sua atmosfera. È uno di quei titoli che si fa piacere anche solo da guardare, e in più di un’occasione ci si ritrova a contemplare i paesaggi digitali invece di correre subito verso il prossimo combattimento. La colonna sonora, con le sue melodie delicate alternate a brani più epici, accompagna perfettamente l’azione e contribuisce a creare un tono malinconico e avventuroso al tempo stesso.

Nel complesso, Towa and the Guardians of the Sacred Tree riesce a essere molto più della somma delle sue parti. È un roguelike che non punta tutto sulla difficoltà o sull’esasperazione del grinding, ma sull’equilibrio tra meccaniche solide, ritmo di gioco e un racconto che funziona. Brownies ha costruito un titolo che trasmette calore e personalità, senza rinunciare alla profondità strategica che i fan del genere cercano. Certo, la ripetitività dei nemici e una curva di difficoltà fin troppo gentile impediscono al gioco di raggiungere le vette dei grandi nomi del genere, ma si tratta di difetti minori di fronte alla qualità complessiva dell’esperienza. È un’avventura intensa, artisticamente splendida e genuinamente divertente, capace di offrire ore di gioco appaganti sia ai veterani del roguelike sia a chi vi si avvicina per la prima volta.
Towa and the Guardians of the Sacred Tree è, in definitiva, un piccolo grande successo: un titolo costruito con cura e passione, che sa intrattenere, emozionare e sorprendere. E in un mare di roguelike spesso indistinguibili, questo basta e avanza per farlo emergere con forza.
*Versione testata: Xbox Series X, grazie ad un codice digitale fornito dal publisher








