Shadowdark è un gioco di ruolo fantasy uscito nel 2023, pubblicato da The Arcane Library, e si presenta come un omaggio feroce e modernissimo al dungeon crawling old school, al momento non esiste un’edizione italiana, ma Need Games ne ha annunciato la localizzazione (aggiornamento successivo alla pubblicazione originale della recensione), una notizia che rende il manuale ancora più interessante anche per il pubblico nostrano che preferisce avere tutto tradotto. Fin dalle prime pagine è chiaro che non siamo davanti all’ennesimo derivato di D&D, ma a un sistema che vuole riprendere l’essenzialità letale dei primi GDR fantasy, alleggerendola con una struttura di regole molto leggibile e con scelte di design pensate per spingere tensione, ritmo e decisioni rapide al tavolo.

L’apertura del manuale non è una fredda introduzione teorica, ma un piccolo racconto in stile pulp che segue un gruppo di “crawlers” nelle profondità sotto una taverna, tra trappole a scatto, mostri alati e torce che si consumano, fino a rivelare il vero antagonista del gioco, l’Ombra stessa, il “Shadowdark” che avanza inesorabile man mano che la luce si spegne. È una dichiarazione d’intenti fortissima, che mette subito al centro il tono del gioco, un fantasy sporco, pericoloso, dove l’eroismo è guadagnato con il sangue e la sopravvivenza non è mai garantita. Subito dopo, un capitolo di “basi” introduce dadi, prove e concetti fondamentali con un linguaggio chiaro, pensato anche per chi arriva da regolamenti più moderni, ma vuole scivolare in qualcosa di più brutale e immediato.
Il cuore del manuale, come ci si aspetta, è la creazione del personaggio, che Shadowdark struttura in modo volutamente rapido e aleatorio. Si tirano le sei caratteristiche classiche con 3d6 in ordine, dal Forza al Carisma, ognuna associata a un modificatore da –4 a +4 che entrerà in praticamente ogni prova e tiro di attacco. L’approccio è chiaramente old school, niente “point buy”, niente ottimizzazione esasperata, ma un incoraggiamento a giocare quello che esce, lasciando che il personaggio prenda forma in gioco. L’idea dei personaggi di livello 0, contadini e disgraziati che affrontano la loro prima spedizione nel buio, spinge ancora di più questa filosofia, preparando il terreno per “Il Gauntlet”, una modalità quasi da funnel dove ci si aspetta che più di un poveraccio non torni indietro.

Le opzioni di “ascendenza” sono relativamente poche, ma caratterizzate bene. Nano, elfo, goblin, mezzorco, halfling e umano non sono solo etichette, ma portano con sé piccoli tratti meccanici molto incisivi, dal nano più robusto e fortunato nei Punti Ferita, all’elfo con mira infallibile o attitudine innata alla magia, al goblin che non può essere colto di sorpresa, al mezzorco che picchia più forte corpo a corpo. L’umano, in pieno stile “semplice ma forte”, ottiene un tiro talento extra al primo livello, soluzione elegante per rappresentare la sua adattabilità senza doversi inventare regole speciali elaborate. È un set di scelte essenziale ma sufficiente per costruire archetipi riconoscibili, che si legano bene al resto del sistema.
Shadowdark propone quattro classi, fighter, priest, thief e wizard, che preferisco tradurre come guerriero, sacerdote, ladro e mago, e qui il design fa centro, perché ogni classe ha una nicchia chiara, talenti distintivi e pochissimo “rumore” di regole. Il guerriero è l’esperto di armi e armature, tira un dado vita più alto, ha più capacità di trasporto e può scegliere un’arma favorita con cui ottiene bonus crescenti via via che sale di livello, diventando davvero il punto di riferimento in combattimento. Il sacerdote è il canale del divino, impara preghiere da una lista dedicata, conosce automaticamente il potere di scacciare i non morti e sceglie una divinità legata all’allineamento, con la minaccia concreta di perdere la capacità di lanciare magie se tradisce i precetti del proprio culto, un ottimo spunto narrativo che ha conseguenze meccaniche reali.

Il ladro incarna perfettamente la tradizione “OSR”, niente abilità numeriche da consultare, ma un semplice “sei addestrato”, che si traduce in vantaggio ai tiri per arrampicarsi, nascondersi, disinnescare trappole, borseggiare, camuffarsi, aprire serrature, il tutto sostenuto da un “Backstab” che aggiunge dadi extra di danno quando colpisce di sorpresa, crescendo in potenza con il livello. Il mago invece è un concentrato di rischio e potere, con pochissimi Punti Ferita, pochissime armi, ma una progressione di incantesimi che, soprattutto ai livelli alti, diventa devastante. La gestione delle magie non passa né da slot né da punti mana, bensì da prove di “spellcasting”: ogni volta che si lancia un incantesimo, si tira un d20 più il modificatore di Intelligenza o Saggezza, in base alla classe, contro una Difficoltà pari a 10 più il livello dell’incantesimo. In caso di fallimento l’incantesimo non parte e non si potrà più lanciare quella specifica magia fino al riposo, in caso di fallimento critico il mago scatena una “mishap”, una tabella di inconvenienti arcani che è uno dei gioiellini del manuale, tra arti che si pietrificano, oggetti che svaniscono nel nulla, squarci nella realtà e mostri evocati per errore.
La magia del sacerdote funziona in modo analogo, ma con una differenza tematica importante, il fallimento critico non porta a una catastrofe casuale, bensì alla collera della divinità, che revoca il potere di quella preghiera finché il personaggio non compie penitenza e un sacrificio adeguato. È una scelta che lega forte l’uso delle magie divine alla fiction, rendendo il sacerdote meno “lanciatore di cure portatile” e più figura religiosa vera, con responsabilità e rischi spirituali. Il capitolo degli incantesimi è corposo, copre i classici del fantasy, da palla di fuoco a cura ferite, ma sempre in versione snella e diretta, con descrizioni brevi, parametri chiari, pochi numeri e molta libertà interpretativa per il Master.

Il regolamento di gioco, una volta creati i personaggi, segue gli stessi principi, semplicità, velocità, pericolo alto. Tutto ruota attorno ai tiri di prova con d20 più modificatore, e ai tiri di attacco che funzionano allo stesso modo contro la Classe Armatura del bersaglio, mentre i dadi piccoli gestiscono danni, effetti e conseguenze. Il sistema di avanzamento è basato sui punti esperienza guadagnati con tesori e “boons”, ricompense e traguardi, con una scala lineare, livello per 10, che mantiene l’aumento di potere sotto controllo e incoraggia campagne relativamente brevi, o comunque personaggi che non diventano mai davvero invincibili.
Una delle idee più riuscite di Shadowdark è la gestione del tempo e dell’esplorazione nei dungeon. Il manuale insiste sulla “torcia a tempo reale”, ogni torcia dura un’ora al tavolo, non in fiction, e quando il tempo è finito, la luce si spegne, punto. Questo significa che il gruppo deve prendere decisioni rapide, non si può discutere all’infinito su ogni stanza, perché mentre si discute, il tempo passa. Il sistema di “crawling” regola turni, movimento, incontri casuali, riposi brevi e lunghi, con una struttura che ricorda le vecchie edizioni di D&D ma limata e resa leggibile, l’obiettivo è creare la sensazione di una spedizione logistica nel buio, dove corde, ganci, razioni, lampade e zaini sono importanti quanto spade e incantesimi.
La sezione dedicata al Master è molto generosa e rappresenta, secondo me, uno dei veri punti di forza del volume. Non si limita a spiegare come arbitrare le regole, ma propone una vera “filosofia di gioco”, chiarisce che il GM non è il nemico dei giocatori, ma il custode di un mondo pericoloso, che deve essere coerente e imparziale. Vengono dati consigli su tono, ritmo, uso del buio e della luce, su come rendere vivi i PNG e come costruire incontri, trappole e pericoli interessanti senza trasformare il gioco in un esercizio di conti matematici. C’è un’enfasi forte sull’uso di tabelle casuali e oracoli per sorprendere anche chi sta dietro lo schermo, che si ritrova spesso a tirare dadi per vedere “che cosa succede adesso”.

Da questo punto di vista l’arsenale di strumenti messo a disposizione è impressionante. Il manuale contiene mappe di dungeon di esempio, esagoni per esplorazione in esterno, mappe di insediamenti e quartieri cittadini, una lunga serie di tabelle di incontri casuali per praticamente ogni ambiente immaginabile, dalle tundre artiche alle fogne urbane, dai mercati ai templi, oltre a generatori di PNG, avventurieri rivali, voci e pettegolezzi da taverna, agganci di avventura. È materiale che un Master può usare tal quale oppure “smontare” per costruire campagne intere, e che rende Shadowdark non solo un GDR, ma una cassetta degli attrezzi per chi ama l’esplorazione dungeon centrica.
Il bestiario segue la stessa filosofia: blocchi di statistiche compatti, poche righe di descrizione, niente sottoregole macchinose. I mostri sono pensati per essere pericolosi, soprattutto se incontrati in numero, e il manuale fornisce anche un generatore per crearne di nuovi e una sezione “Make it weird” che incoraggia a deformare il fantasy classico verso il bizzarro, il perturbante, il quasi horror. Il capitolo dedicato ai tesori e agli oggetti magici, infine, è una piccola gioia per chi ama gli artefatti strani, con tabelle per tesori per fascia di livello, oggetti curiosi, pozioni, pergamene, armi e armature incantate che spesso hanno personalità, vizi e volontà proprie.
Dal punto di vista fisico ed estetico, il manuale di Shadowdark è un oggetto coerente con la sua anima, impaginazione chiara in bianco e nero, illustrazioni in stile grimdark che ricordano le vecchie fanzine e i moduli degli anni Ottanta, ma con una pulizia grafica moderna che rende tutto leggibile. L’indice è ben strutturato, la suddivisione in capitoli è logica e le regole importanti sono spesso riassunte in riquadri o tabelle sintetiche, come quelle dell’equipaggiamento, delle armature e delle armi, che permettono di creare un personaggio in pochi minuti letterali.

In definitiva Shadowdark è un gioco che sa esattamente cosa vuole essere, un GDR fantasy letale, veloce, con pochissime regole ma un enorme supporto procedurale per il Master, un sistema che mette davvero al centro il dungeon crawl come esperienza di tensione continua, grazie alla gestione spietata della luce, ai personaggi fragili, alla magia rischiosa e alla centralità della scelta tattica e della gestione delle risorse. Per chi arriva da D&D moderno e vuole un’alternativa più affilata, senza dover imparare decine di sottosistemi, è una proposta estremamente allettante, e sapere che un’edizione italiana è in arrivo rende ancora più facile consigliarlo come nuovo riferimento per l’old school contemporaneo, destinato a far felici sia i nostalgici sia chi il “vecchio stile” lo scopre per la prima volta.
*Copia digitale del manuale fornita da The Arcane Library per la recensione.








