Pubblicato nel 2024 da Slightly Reckless Games e portato qualche mese fa in Italia da MS Edizioni durante l’ultimo Play di Bologna, Rōnin è un gioco di ruolo che attinge alla tradizione decadente e visionaria di MÖRK BORG, ma la reinterpreta attraverso una lente profondamente intrisa di samurai erranti, eclissi perenni e yōkai vendicativi. È un gioco che non si accontenta di riproporre un Giappone mitico ed idealizzato: lo deforma, lo incupisce e lo trasforma in una terra condannata, dove l’onore è un concetto antico come la luce del sole, ormai scomparsa.

L’ambientazione è Kage no Shima, un’isola priva di sole, inghiottita da un’eclissi eterna che ha trasformato il giorno in una penombra costante, popolata da spiriti, demoni e tradizioni infrante. Quella che un tempo era una terra rigogliosa, è ora il teatro di un lento collasso spirituale e morale. I fiumi riflettono un cielo innaturale, le città sono ridotte a ruderi e le strade pullulano di rōnin, shinobi, monaci guerrieri e negromanti falliti che sopravvivono tra superstizioni, duelli e oscuri compromessi. Ogni luogo racconta una storia di rovina: il Palazzo Imperiale infestato dai fantasmi, il Quartiere dei Rōnin dominato dal baratto e dalla disperazione, i monasteri remoti che promettono l’illuminazione solo a costo della carne. E poi i mercati galleggianti, le fortezze abbandonate, i villaggi maledetti, dove ogni passo è una preghiera muta verso una salvezza che potrebbe non arrivare mai.
La creazione del personaggio è rapida, ma ricca di significato. I giocatori iniziano scegliendo nomi, soprannomi e tratti evocativi, come se stessero componendo una poesia funebre per sé stessi. Ogni personaggio è definito da quattro caratteristiche fondamentali: Vigore, che rappresenta la forza fisica; Resistenza, ovvero la capacità di resistere al dolore e alla morte; Rapidità, per la velocità di movimento e reazione; e Spirito, che incarna volontà, determinazione e sensibilità sovrannaturale. Questi attributi influenzano direttamente il fulcro del sistema di gioco: il tiro di d20 contro una difficoltà di riferimento (normalmente DR12), modificato dai punteggi del personaggio. Non c’è un sistema complesso di abilità: ogni test è narrativamente contestualizzato e la sua riuscita è sempre parte integrante del racconto.

I personaggi iniziano la loro avventura con un equipaggiamento minimo e qualche oggetto insolito o esotico, spesso portatore di pericoli tanto quanto di vantaggi. Questo approccio “low fantasy” non riduce il gioco ad una sopravvivenza sterile, ma esalta la necessità di fare scelte dure, di inventare soluzioni e di trovare senso nei gesti più piccoli. Non ci sono poteri salvifici o percorsi garantiti verso la gloria: solo una strada fangosa dove ogni passo è incerto e il prossimo duello potrebbe essere l’ultimo.
Le classi rappresentano archetipi carichi di significato simbolico e narrativo. Il Kensei è un maestro della spada il cui talento è pari solo alla propria ossessione per l’onore; lo Shinobi è un’ombra che uccide senza rumore, una lama nell’oscurità; l’Onmyōji è un evocatore di spiriti e maledizioni, una figura che cammina tra due mondi. Troviamo anche l’Iron Fist, un monaco guerriero che combatte a mani nude con una disciplina implacabile ed il classico Samurai, oltre a figure più esotiche come lo Yūrei no Tomurai, un fantasma rianimato dalla vendetta o dal rimorso. Ogni classe ha abilità uniche e tratteggi distintivi, ma soprattutto offre al giocatore una voce, un’identità radicata nel mondo e pronta ad interagire con esso.

Il sistema di gioco è brutalmente essenziale. La risoluzione delle azioni si basa sempre su tiri di dado a difficoltà variabile, ma l’interazione con l’ambiente e con gli altri personaggi è fortemente interpretativa. Il combattimento è letale e sanguinoso: colpi andati a segno possono generare ferite debilitanti permanenti, mutilazioni, cecità, disarticolazioni. La morte è sempre dietro l’angolo e anche la vittoria può lasciare cicatrici profonde, fisiche e morali. Ogni azione richiede attenzione ed ogni scontro è un gioco d’equilibrio tra coraggio e prudenza. L’onore, in questo sistema, non è solo un concetto narrativo: è una risorsa da guadagnare o perdere, una valuta che apre o chiude porte, che decide se morire da eroe o da cane randagio.
Il manuale offre un ricco apparato di tabelle casuali per generare nomi, missioni, incontri, reliquie, condizioni atmosferiche e santuari misteriosi. Alcune tabelle, come quelle dedicate ai “Santuari”, introducono veri e propri dilemmi mistico-spirituali: ottenere un potere può significare pagare un prezzo altissimo, spesso irreversibile. Altre, invece, servono a sporcare il mondo di dettagli imprevisti e affascinanti: un cadavere con una poesia tatuata, una pioggia di fiori che annuncia sventura, un demone che si nutre dei ricordi. Tutto è funzionale a creare un ambiente mutevole, ostile, ma sempre coerente.

Anche le creature ed i nemici sono un altro punto di forza di Rōnin. Ispirati ai bestiari dello shintō e alle tradizioni yokai, gli avversari spaziano da spiriti irrequieti a mostri titanici, da demoni vendicativi ad illusioni viventi. Ogni creatura ha regole meccaniche snelle ma un impatto visivo e narrativo fortissimo, spesso accompagnato da brevi testi che ne delineano la leggenda o il comportamento.
L’aspetto visivo del manuale è degno di nota: impaginazione tagliente, uso sapiente dei colori (nero, cremisi, oro e viola), illustrazioni che sembrano incisioni su pergamena o macchie d’inchiostro vive. Il linguaggio utilizzato è ruvido ma evocativo, con frequenti passaggi poetici che sembrano provenire da un diario di guerra. Il tono è coeso, potente, carico di pathos ma mai eccessivo. Anche le battute sarcastiche e le provocazioni sono sempre funzionali all’atmosfera del gioco e la traduzione italiana di MS Edizioni è davvero impeccabile e riesce a trasmettere tutte le sfaccettature del manuale originale.

Rōnin non è di sicuro un GDR per chi cerca potere e potenziamenti continui, è anzi un gioco pensato per chi ama raccontare storie tragiche, vivere conflitti interiori e dare significato alla morte tanto quanto alla vita. Non cerca di piacere a tutti e questo è il suo maggior pregio. In un panorama spesso saturo di manuali tecnici o edulcorati, Rōnin è una lama affilata, un grido nel buio, un rituale giocato con il sangue e con la memoria. Chi sceglierà di attraversare l’Eclissi, lo farà con la consapevolezza che probabilmente non sarà possibile tornare indietro. Ma forse, proprio lì, in mezzo all’ombra, troverà un frammento di luce che nessuno potrà riuscire a spegnere.
Se volete provare Rōnin insieme a noi in live, nei prossimi mesi porteremo diverse one shot di questo bellissimo titolo, quindi non siate timidi e contattateci commentando qui sotto o sui nostri social!
*Edizione fisica del manuale fornita da MS Edizioni in cambio di una recensione onesta.







