Pubblicato nel 2024 da quattro autori italiani (Michele Dal Bo – Luca Mulazzani – Giovanni Poli – Andrea Sbragia) che compongono l’etichetta editoriale Coleman Piskins Roleplay Games, Modus Operandi: American Serial Killers è un gioco di ruolo da tavolo investigativo e psicologico, che affronta uno dei territori più complessi e disturbanti del medium, la caccia ai serial killer nell’America degli anni Settanta. Fin dalle prime pagine il manuale chiarisce con grande lucidità la propria identità, rivolgendosi a un pubblico maturo e consapevole e avvertendo esplicitamente che i temi trattati possono urtare la sensibilità dei giocatori. Non si tratta di una semplice nota di cautela, ma di una vera e propria dichiarazione d’intenti che accompagna l’opera dall’inizio alla fine, definendone il tono, le scelte di design e l’approccio narrativo.

Il gioco si compone di tre dossier distinti e complementari. Il primo è il regolamento, il nucleo centrale dell’esperienza, un volume ampio e articolato che definisce sistema, ruoli, ambientazione e filosofia di gioco. Il secondo dossier è un caso tutorial, progettato per accompagnare gradualmente Procuratore e giocatori nella loro prima indagine, mentre il terzo rappresenta la prima indagine completa, un caso più complesso e strutturato che mette alla prova quanto appreso. In questa recensione l’attenzione è concentrata quasi esclusivamente sul primo dossier, il regolamento, mentre gli altri due vengono descritti solo in termini generali e senza spoiler, nel rispetto della natura investigativa dell’esperienza.
Il regolamento di Modus Operandi: American Serial Killers si apre con un preambolo che è già una presa di posizione culturale. Il riferimento all’abisso e alla riflessione filosofica non è un esercizio di stile, ma una chiave di lettura dell’intero progetto. Qui non si interpretano protagonisti idealizzati né figure eroiche destinate a vincere, ma professionisti imperfetti, spesso stanchi e sotto pressione, chiamati a confrontarsi con la parte più oscura della mente umana. L’ambientazione negli Stati Uniti degli anni Settanta non è una scelta estetica, ma una decisione tematica consapevole, legata a un periodo storico segnato da un’esplosione dei casi di omicidio seriale e dalla nascita delle moderne tecniche di criminal profiling. Il manuale dedica spazio a contestualizzare questo scenario, fornendo un solido impianto storico e culturale che rafforza la credibilità del gioco.

Dal punto di vista concettuale, Modus Operandi è un gioco investigativo che rifiuta apertamente l’azione come motore centrale della narrazione. Le armi da fuoco, gli inseguimenti e gli scontri fisici esistono, ma restano marginali, strumenti estremi e spesso inefficaci rispetto al cuore dell’esperienza. Al centro del gioco ci sono l’analisi degli indizi, la ricostruzione dei fatti, l’interpretazione dei comportamenti e la comprensione del modus operandi dell’assassino. Il tempo è un avversario costante, scandito da una pressione crescente che si traduce in frustrazione, senso di impotenza e urgenza, mentre il serial killer continua a colpire e l’opinione pubblica, i superiori e le istituzioni stringono il cerchio sugli investigatori.
Uno degli elementi più caratterizzanti del regolamento è la figura del Procuratore, termine scelto al posto del più tradizionale Game Master. Non si tratta di una semplice variazione terminologica, ma di un’indicazione precisa del ruolo richiesto. Il Procuratore non è un antagonista né un narratore onnipotente, ma un moderatore dell’indagine, chiamato a gestire il ritmo, la pressione emotiva e la coerenza procedurale delle scene. Il manuale dedica un’ampia sezione alla gestione di una indagine, descrivendo nel dettaglio le possibili fasi che la compongono, dall’avvio del caso alle deposizioni, dagli interrogatori alle consulenze specialistiche, fino all’incriminazione e al processo. Questa struttura offre un supporto concreto e ben organizzato, riducendo l’improvvisazione e aiutando a mantenere un tono credibile e coerente.

Il sistema di gioco, denominato Whitechapel System, rappresenta uno degli aspetti più riusciti dell’intero progetto. Basato sull’uso di un singolo dado a dieci facce, il sistema è volutamente essenziale, ma estremamente efficace. Le prove si risolvono confrontando il risultato del dado con il valore dell’abilità, con una regola chiave che stabilisce che il 10 naturale è sempre un fallimento. Questa scelta introduce una tensione costante, anche per i personaggi più competenti, e restituisce l’idea di un’indagine sempre esposta all’errore e all’imprevisto.
L’elemento più interessante del Whitechapel System, però, è la gestione degli indizi. Gli indizi fondamentali non possono essere persi a causa di un tiro sfortunato. Se un gruppo non possiede l’abilità necessaria o fallisce una prova cruciale, l’informazione viene comunque recuperata, ma al costo di Punti Pressione. Questa meccanica risolve uno dei problemi storici dei giochi investigativi, evitando che una cattiva serie di dadi comprometta irrimediabilmente l’indagine, e allo stesso tempo introduce un prezzo narrativo e meccanico significativo.

I Punti Pressione rappresentano la fatica mentale, lo stress accumulato e l’erosione psicologica degli investigatori. Accumularli significa avvicinarsi progressivamente al limite, rischiando crisi emotive, perdita di lucidità e conseguenze durature sulla salute mentale dei personaggi. Il regolamento dedica ampio spazio allo stato di salute mentale, trattandolo come un elemento centrale dell’esperienza, non come una semplice risorsa numerica. Le prove di autocontrollo e le possibili conseguenze psicologiche rafforzano l’idea che la vera posta in gioco non sia solo la risoluzione del caso, ma la tenuta emotiva di chi indaga.
La creazione del personaggio è solida e ben strutturata. Le professioni disponibili, che spaziano dal poliziotto all’agente federale, dal criminologo allo psicologo, dal giornalista al marine, definiscono ruoli chiari e complementari all’interno dell’Unità K. Ogni professione possiede requisiti primari che ne determinano il contributo all’indagine, incentivando la collaborazione e rendendo evidente come nessun personaggio possa essere autosufficiente. Il gioco funziona al meglio quando il gruppo lavora come una vera squadra investigativa, mettendo in comune competenze e intuizioni.
Dal punto di vista dei contenuti, il regolamento è sorprendentemente ricco e curato. Oltre alle regole, include sezioni dedicate alla storia del criminal profiling, alla psichiatria forense e alla mente del serial killer, affrontate con un taglio divulgativo ma misurato, evitando derive sensazionalistiche. L’ambientazione dell’America degli anni Settanta è descritta con attenzione ai dettagli sociali, politici e istituzionali, fornendo al Procuratore strumenti concreti per rendere ogni scena credibile e coerente.

Il secondo dossier, il caso tutorial, è concepito come una vera palestra narrativa e meccanica, pensata per accompagnare il gruppo nelle prime fasi di gioco senza risultare didascalica. Il terzo dossier, la prima indagine completa, alza ulteriormente l’asticella, proponendo un caso più complesso che mette alla prova capacità investigative, deduzione e resistenza psicologica, trasformando quanto appreso in un’esperienza pienamente matura.
Nel complesso, Modus Operandi: American Serial Killers è un gioco di ruolo coraggioso, consapevole e profondamente coerente con i temi che affronta. Il primo dossier, il regolamento, è solido, strutturato e ricco di spunti, capace di sostenere campagne investigative intense e emotivamente impegnative. Non è un gioco per tutti, né pretende di esserlo, ma per chi cerca un’esperienza investigativa adulta, tesa e priva di consolazioni facili, rappresenta una delle proposte più interessanti e riuscite del panorama GDR italiano degli ultimi anni.
*Versione digitale del manuale fornita dall’editore in cambio di una recensione onesta.








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