*Recensione pubblicata a gennaio ma persa con il passaggio al nuovo server del sito.
Pubblicato nel 2024 da Stratagemma ed ideato da Matteo Ignesti e Andrea Marmugi, Genofunk è un gioco di ruolo cartaceo che si presenta come una vera e propria anomalia nel panorama del GDR italiano contemporaneo. Un’opera che fonde cyberpunk post-apocalittico, dramma umano e narrativa condivisa in un ecosistema ludico che si alimenta di estetiche distorte e decadenze biologiche. A rendere ancora più originale l’approccio, c’è un sistema di gioco essenziale ma efficace e una costruzione del personaggio strettamente legata al destino tragico dei protagonisti, tutti inevitabilmente affetti da una patologia genetica terminale, la Se.S, che scandisce ogni azione, ogni dialogo e ogni speranza. Ora, a differenza di quando pubblicammo la versione precedente della recensione, è disponibile, sul sito dell’editore ad €29,99, l’edizione Deluxe del manuale con copertina cartonata (che vedete qui sotto).

Il mondo di Genofunk è quello di una società che ha toccato l’apice del progresso transumanista, per poi essere spezzata da un cataclisma definito solo come “l’Evento”. Un mondo dove l’elettricità è divenuta irrecuperabile, la tecnologia un relitto e le relazioni interpersonali sopravvivono a fatica in un paesaggio devastato e regolato dal baratto. Le nazioni non esistono più: al loro posto ci sono le Aziende, tre enormi corporazioni continentali – Azienda Europa, Americhe e Asia – mentre Africa e Oceania sono relegate a zone di sfruttamento e turismo, amministrate da droni e IA. La centralità dell’ambientazione non risiede nella geopolitica o nei retaggi sci-fi classici, ma nell’esperienza individuale dei protagonisti, i Morenti Eroi, ognuno colpito fin dalla nascita dalla Sindrome di Seward-Sterling. Questa malattia neurogenetica agisce in modo progressivo, alterando i corpi e le menti dei personaggi, generando mutazioni e degradazioni che si riflettono sul piano ludico e narrativo.
La costruzione del personaggio in Genofunk è un rito collettivo, che parte dall’assegnazione (non scelta) di un Archetipo, vera matrice del ruolo che si andrà a ricoprire nel gruppo. Ogni archetipo fornisce una descrizione interpretativa, due idee di scena pre-Evento, domande aperte e uno spunto per la creazione di un PNG, il tutto pensato per espandere in modo emergente e condiviso l’ambientazione. Questo processo culmina in una sessione zero interamente dedicata all’introduzione di questi frammenti di storia personale. Il sistema prevede poi la distribuzione di 15 punti su cinque caratteristiche di base, che non solo determinano le capacità del personaggio ma sono anche soggette a cancellazione man mano che la Se.S avanza. La perdita di punti caratteristica è infatti il principale vettore della degenerazione genetica, e scandisce i “passaggi di stadio” della malattia, con sintomi che diventano via via più gravi e mutazioni più invasive. Tuttavia, questa stessa degenerazione porta con sé la possibilità di guadagnare punti Karma, da impiegare sul Sentiero Dorato, una meccanica che rappresenta i poteri narrativi del personaggio e consente ai giocatori di influenzare direttamente la trama.

Il sistema di gioco è di grande essenzialità. Si basa esclusivamente sull’uso del dado a sei facce: ogni volta che un personaggio affronta una Sfida, tira un D6. Ogni 5 o 6 ottenuto equivale a un successo, e in genere basta un solo successo per riuscire nell’azione. Tuttavia, i successi aggiuntivi possono attivare effetti speciali legati all’equipaggiamento, ai poteri del Sentiero Dorato o alle mutazioni generate dalla Se.S. In un mondo che si avvita su se stesso e che nega ogni certezza, il sistema regolistico punta tutto sulla fluidità e sull’impatto narrativo piuttosto che sulla complessità matematica, rendendo l’esperienza di gioco accessibile e intensamente drammatica. Le meccaniche ruotano intorno al deterioramento graduale dei personaggi, che non è mai gratuito: ogni punto di caratteristica cancellato concede Karma, ma porta anche il personaggio più vicino all’annientamento.
Le “caratteristiche cancellate” non sono solo una penalità ludica, ma si riflettono nel mondo narrativo. Il corpo si disgrega, la mente si confonde, e la meccanica si fa messaggera di un’esistenza in declino. Il Sentiero Dorato diventa allora l’unica via per opporsi simbolicamente all’entropia: attraverso i suoi passi (che vanno acquistati con il Karma e sono irreversibili) i giocatori possono ottenere benefici potenti, effetti narrativi e svolte significative per la storia. Esempi di questi effetti includono il ripristino temporaneo delle statistiche o potenziamenti che generano dinamiche interpersonali dirompenti, come invidia o rottura di fiducia. Il rischio di disgregazione sociale del gruppo diventa parte stessa del tessuto ludico.

Anche l’inventario, limitato a cinque slot, non sfugge alla logica dell’essenzialità: non c’è valuta in Genofunk, solo baratto e interpretazione. Ogni oggetto ha valore solo se i giocatori riescono a negoziarne l’uso, la rarità o l’importanza narrativa. Tra gli oggetti disponibili troviamo impianti Eso-Corporei, giubbotti antiproiettile come il Dragonscale Vest, farmaci temporanei contro la Se.S o persino un Manuale del Giovane Scout, che restituisce un frammento ironico e malinconico di un mondo scomparso.
Il tono generale del manuale è estremamente coerente con il mondo che descrive: disturbante, nichilista ma mai del tutto privo di speranza. Ogni sessione di gioco si struttura in modo da esaltare il dramma personale e collettivo: dalla Sessione 1, in cui i personaggi incontrano il misterioso Mr. Meraviglia e iniziano il loro viaggio verso un presunto luogo dove ancora esiste elettricità, fino alle sessioni successive, ciascuna centrata su un personaggio e sulla sua storia pregressa, fino a una conclusione dichiaratamente anticlimatica, in cui non è detto che la risposta finale sia quella desiderata. Genofunk è dichiaratamente un gioco senza salvezza, o meglio, con una sola possibile salvezza: quella narrata dai giocatori per dare senso alla fine.
La componente visiva del manuale è fortemente caratterizzata: il layout psichedelico e carico di grafiche ASCII, tipografie distorte e simbolismi, restituisce un senso di disorientamento perfettamente coerente con l’universo narrativo del gioco. Non è un libro “comodo” da leggere, ma lo è volutamente: l’alienazione del lettore riflette quella dei personaggi. Anche da un punto di vista testuale, Genofunk sovverte le regole del manuale tradizionale: spesso assume il tono di un diario, altre volte di un manifesto distopico. C’è ironia, rabbia e dolore in ogni pagina, ed è questo il principale punto di forza dell’opera.

In conclusione, Genofunk è un gioco che richiede un patto di fiducia molto forte con i suoi giocatori. Non offre potere, crescita, conquista o trionfo. Offre invece caduta, consunzione, relazioni e memoria. È un gioco che si interroga sulla persistenza dell’identità, sul senso dell’esistenza quando il corpo cede e la società si spegne. Un gioco profondamente umano, proprio perché parla di fine e non di gloria. Per chi cerca un’esperienza intensa, emotiva, senza compromessi e fuori dagli schemi, Genofunk rappresenta una delle proposte più radicali e riuscite del GDR italiano degli ultimi anni.
*Edizioni fisica e digitale del manuale fornite dall’editore in cambio di una recensione onesta.







