Nel cuore della nuova ondata di giochi di ruolo narrativi, QuestWorlds, edito da Moon Design Publications e distribuito da Chaosium Inc., emerge come una dichiarazione d’intenti: un gioco che non solo vuole semplificare le meccaniche, ma ridefinire il rapporto fra master, giocatori e storia. Nato come evoluzione di Hero Wars di Robin D. Laws e successivamente HeroQuest, QuestWorlds è oggi un sistema completamente generico, affrancato dalle sue radici gloranthiane, ma fortemente radicato in una filosofia: quella della narrazione condivisa. Pubblicato nel 2025 nella sua prima edizione ufficiale, questo manuale rappresenta non soltanto un toolkit per raccontare storie, ma anche un manifesto per una nuova forma di gioco, più leggera, più rapida, più centrata sull’immaginazione che sui tiri di dado.

Un’eredità di fuoco, una rivoluzione silenziosa
Sin dalle prime pagine della prefazione, firmata da Ian Cooper (che ha sviluppato il gioco basandosi sul lavoro originario di Laws), il tono è personale, quasi confessionale. Non è solo un manuale: è la cronaca di un ritorno, quello di un giocatore cresciuto con RuneQuest e Call of Cthulhu, che ha ritrovato l’amore per il gioco grazie a un sistema capace di incanalare l’epica in serate brevi e senza bisogno di lunghe preparazioni. È una dichiarazione d’amore per un’idea di gioco in cui “il GM non è un burattinaio, ma un co-autore” e dove “la storia non è pianificata, ma nasce al tavolo”.
Il sistema ha radici forti nel cosiddetto Forge movement, la comunità indie che ha ridefinito il gioco narrativo nei primi anni 2000. E infatti, QuestWorlds parla quella lingua: co-autorialità, fiction first, conflitto come motore della storia, narrazione emergente, low prep.

Regole che scompaiono (quando servono)
Il cuore meccanico del gioco è elegante e minimale: i personaggi sono definiti da “abilità” libere, scritte in linguaggio naturale, ognuna con un punteggio da 1 a 20. Quando un personaggio affronta un ostacolo, il giocatore sceglie un’abilità rilevante e la confronta contro una difficoltà determinata dal GM, tirando un d20. Il risultato non è solo successo o fallimento, ma un grado narrativo di esito: una meccanica semplice che permette di rappresentare l’epica senza cadere nella granularità del dettaglio tecnico.
Ma la vera forza è il modo in cui QuestWorlds gestisce l’astrazione. Non interessa simulare il colpo di spada o il pixel della mappa: interessa capire se il personaggio riesce a salvare la bambina nel palazzo in fiamme, o a convincere il ribelle stanco a fare un’ultima missione. Le regole diventano quasi invisibili, entrando in scena solo quando serve risolvere un’incertezza narrativa, per poi ritirarsi nell’ombra. È teatro della mente, puro, senza fronzoli, ma non senza struttura.

Tattiche e storie, non build e statistiche
QuestWorlds brilla quando si parla di creazione del personaggio. Non ci sono razze, classi, archetipi rigidi: c’è la libertà. Vuoi giocare un “Pilota decadente ma dal cuore d’oro”? Scrivilo. Vuoi un “Maestro delle ombre, ex guardia reale, ora protettore degli orfani”? Fallo. Il gioco ti premia per la creatività, non per l’ottimizzazione. Anzi, i giocatori sono esplicitamente incoraggiati ad abbracciare i propri “flaws”, i difetti narrativi che generano conflitti e opportunità. E il sistema di progressione premia il fallimento tanto quanto il successo: un’idea che rovescia la logica classica dell’eroismo come trionfo costante.
Un gioco per gruppi che si fidano
E qui viene l’avvertimento più importante: QuestWorlds non è per tutti. Il manuale lo dice apertamente. Se al tavolo cercate la sicurezza di un regolamento esaustivo che risolva ogni discussione, se amate il crunch, il bilanciamento tattico o le build complesse, questo gioco potrebbe lasciarvi frustrati. QuestWorlds richiede fiducia, collaborazione, ascolto. È un gioco che dà molto, ma solo se il gruppo è pronto a darsi molto a vicenda.

Un generatore di generi
Anche se questo manuale è “ambientalmente agnostico”, le numerose genre packs presentate negli esempi, dal fantascientifico Pioneer Space al pulp rinascimentale Brave New World, passando per il supereroistico Age of Miracles, mostrano quanto il sistema sia flessibile e pronto a essere adattato. È un gioco che si presta a campagne corte o lunghe, online o in presenza, e si adatta bene anche a one-shot evocative.
Conclusione – Un’idea di gioco leggera, ma potente
QuestWorlds non vuole convincervi con tabelle, mappe o sistemi di combattimento. Vuole farvi sedere al tavolo con amici, un dado da 20, una manciata di idee e una buona storia da raccontare. È un gioco che non ha paura di essere semplice, e proprio per questo è profondamente sofisticato. È l’ideale per gruppi che hanno poco tempo ma tanta immaginazione, e che vogliono giocare non per vincere, ma per raccontare.
In un mondo ludico in cui tanti giochi inseguono la complessità come segno di profondità, QuestWorlds dimostra che a volte la vera profondità nasce dalla semplicità ben pensata. E nel farlo, onora pienamente l’eredità di Laws e Stafford, proiettandola in nuovi mondi ancora tutti da esplorare.
*Copia digitale del manuale fornita da Chaosium in cambio di una recensione onesta








