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Monark: Io, Signore di me stesso – Recensione

2 Lug 2022 | Nintendo Switch, PC, PlayStation 4, PlayStation 5, Recensioni, Recensioni Videogiochi, Serie TV, Videogiochi

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Il JRPG è sempre stato un genere strano.
A volte addirittura più di questo, quella che doveva essere solo una sfumatura territoriale del gioco di ruolo si è negli anni evoluto in una vera e propria modalità di affrontare in primis il gameplay  in secundis la narrativa stessa di un’opera. Una medesima situazione, o il setting di un titolo, verrà dunque affrontata, come è naturale, in maniera completamente diversa a seconda che l’impianto del prodotto sia legato al JRPG, piuttosto che ad altro genere.
Si tratta forse di un’ovvietà, ma questo fa di base riflettere, specie se spesso viene da chiedersi se, relativamente alla narrativa, questa particolare chiave di lettura giovi o meno.
Provando a tirare le fila di Monark, proveremo ad approfondire la questione.

Sviluppato da Lancarse e Furyu ed edito da Nis America e Nippon Ichi Software, Monark già da prima del suo lancio aveva colpito per un colpo d’occhio ispirato e interessante, con dei design richiamanti tematiche dark e gotiche, ma inserite all’interno di un contesto collegiale classico delle produzioni giapponesi, che mostrano ancora una volta una malsano fetish per il gettare dei ragazzini in situazioni giusto un filo più grandi di loro, ma presentandoli statuari e sempre all’altezza delle sfide che minacciano di distruggere loro, il Giappone e la realtà stessa (in quest’ordine di importanza).

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La trama di Monark non fa eccezione: sin dalle prime fasi di gioco veniamo catapultati nei panni del nostro silente protagonista, un ragazzo del college che per motivazioni ad ora ignote, si ritrova intrappolato in un piano metafisico inquietante e oscuro, dove viene ucciso da una malvagia creatura in quattro e quattr’otto.
questo però a quanto pare non lo ferma, e il nostro avatar si risveglia all’interno di un campus collegiale senza ricordi del suo passato, ma con la necessità di risolvere un problema impellente: la scuola è reclusa dalla realtà, e vive ora all’interno di una bolla spazio temporale che impedisce agli studenti di fuggire. All’interno di questo spazio, per di più, si scopre ben presto essere in azione sette potenti demoni, ognuno legato ad un peccato capitale, che hanno stretto un patto con altrettanti studenti, i quali ora portano disperazione e morte per tutto il complesso.
proseguendo veniamo a conoscenza del fatto che il nostro stesso personaggio è un cosiddetto “Pactbearer” avendo lui un legame con Vanitas, una misteriosa creatura che assume le sembianze di un pupazzo e che chiaramente proviene dal piano demoniaco.

Intrappolati nella scuola, la nostra missione sarà quella di eliminare tutti i Pactbearer e i rispettivi demoni, chiamati Monark, così da liberare la scuola dall’influenza mefitica di questi ultimi e aprirci una via verso la libertà.
nel corso del viaggio faremo ben presto amicizia con gli altri personaggi, anch’essi dotati ciascuno di un particolare tipo di potere, che ci accompagneranno nell’avventura: i rapporti che tesseremo con questi saranno certamente interessanti, per quanto un grande difetto dell’opera apparirà presto la piattezza della caratterizzazione di tutte le figure presenti nel “cast”.
Sulla via verso la vittoria dovremo fare i conti con malvagi demoni e i loro lacchè, ma ci renderemo conto molto presto che le insidie maggiori ci saranno tese da coloro che ci stanno più vicini, e che agiscono nella luce piuttosto che tra le nebbie dell’oscurità.

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Il Gameplay di Monark è quello di un JRPG duro e puro. Il lavoro di Lancarse e Furyu richiama fortemente le loro precedenti opere, specie la saga di The Caligula Effect, del quale si possono anche trovare alcuni riferimenti all’interno del titolo. il comparto si forma di diverse parti, ma si concentra fortemente intorno al combact system al punto che le componenti esplorative legate ai collezionabili, e quelle relative alle sidequest che si riferiscono ai vari NPC, si vedono comunque orbitare intorno alle varie battaglie, che saranno comunque le uniche modalità che avremo, in maniera molto matura, per risolvere tutti i problemi del protagonista.
Il sistema di combattimento si mostra sin da subito sfidante a tutti i livelli di difficoltà proposti: si tratta di un apparato tattico a turni, per il quale i nostri personaggi potranno muoversi sulle mappe e attaccare i nemici a seconda della loro portata di movimento e range di attacco: sarà necessario, per fare fronte anche alle battaglie più ostiche, conoscere in maniera sufficiente le nostre pedine e le loro abilità, in modo tale da poterle sfruttare nella maniera corretta in applicazione al campo di battaglia e alle varietà dei nemici.

Una parte molto importante della proposta sarà poi data dalla forte necessita di grind all’interno del titolo: man mano che proseguiremo con la storia gli avversari si faranno sensibilmente più ostici, e per poterli fronteggiare sarà indispensabile livellare i nostri personaggi e le loro abilità. Ogni battaglia sarà infatti ripetibile, e ci ricompenserà con punti esperienza ed equipaggiamento, che potremo impiegare per incrementare le statistiche di ogni nostra pedina, usandola poi come chiave per raggiungere la vittoria finale in una storia il cui completamento richiede una trentina di ore, scevre di quest secondarie e troppo farming.

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Il principale problema di Monark, in ogni caso, è lo stesso che si anticipava in apertura: uno stigma che piaga una grande parte dei JRPG e che avevamo già evidenziato in sede di recensione di The Caligula Effect Overdose, un paio di anni fa.

Si tratta in poche parole, dell’incapacità di approfondire le tematiche e le atmosfere, indipendentemente dalla qualità che queste potrebbero esprimere. La cosa mi è risultata evidente, durante il mio gameplay, in più momenti, tra cui ne porto uno particolare a titolo d’esempio: in questo il protagonista sale sul tetto del complesso scolastico e qui assiste ad una scena che avrebbe dovuto essere potentissima, ma che di fatto passa in una sordina davvero troppo pesante: sulla balaustra del tetto, troviamo una fila di studenti e studentesse che, obnubilati dal potere demoniaco di un Pactbearer, si gettano nel vuoto una dopo l’altro. Si tratta di una scena di suicidio collettivo, di una visceralità concettualmente sublime, ma che al netto della nostra esperienza rimane li, come di sfondo, senza nessun tipo di attenzione.

Certo, le animazioni grezze non aiutano a rendere il momento, ma il fatto di perdere così pesantemente il pathos è con ogni probabilità da imputare alla scelta della regia, che palesemente decide di non dare peso ad un momento (questo appunto di esempio, come moltissimi altri in generale) per dare invece rilievo al resto del comparto. un suicidio collettivo di decine di giovani, in quel momento, è stato solo un elemento dell’ambiente. La morte è stata parte del level design, ma non di più.

In altri casi invece il titolo presente, durante le sequenze di focus dei personaggi più importanti, un’attenzione maggiore alla caratterizzazione, che risulta sempre però legata a scene di dialogo testuale, lunghe parti che spesso, anche a fronte della volontà di approfondire e qualche spunto interessante, risultano più prolisse che interessanti.
questa modalità di affrontare la narrativa risulta certo di interesse, e si potrebbe analizzare in maniera ancora più precisa, ma in questo contesto di recensione al singolo titolo, il rischio è di astrarsi troppo dal prodotto (che pure necessità una chiave di lettura in questo senso), sacrificandone la disamina specifica.

Quello che si evince da questi embrioni di analisi, in ogni caso, è appunto che Monark equilibra la sua componente narrativa e quella di gameplay similmente a quanto è comune fare all’interno del genere di appartenenza, sviluppando la storia su binari e con modalità sempre distaccate e poco capaci di creare un pathos importante, mentre mette al centro della proposta il suo apparato di gameplay, attraverso una fondamentale rigiocabilità delle battaglie, che appariranno sempre diverse tra loro, e la spinta del giocatore verso meccaniche puriste di grind di esperienza e farm di equipaggiamento, premiandoli con dei miglioramenti sensibili delle prestazioni dei membri del nostro party, verso le disparate varietà dei nemici.

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In conclusione, Monark si propone come un opera capace di brillare, ma mai abbastanza coraggiosa da uscire dal seminato. Fortemente influenzata da altri titoli del genere JRPG, tra cui Persona, Shin Megami Tensei e soprattutto The Caligula Effect, il titolo di furyu presenta alcune idee interessanti, con una storyline drammatica in un ambientazione che unisce arie gotiche e darkeggianti alle più classiche atmosfere trasmesse dagli ambienti scolastici e collegiali. i due elementi si intersecano in maniera organica, e anche a fronte di un impianto non per forza nuovo, la progressione nella storia risulta comunque per lo più interessante, anche se piagata da ritmi altalenanti.

Il gameplay con cui i giocatori si trovano ad avere a che fare unisce le forti componenti tattiche dello strategico a turni con le grandi varietà di approccio alla battaglia che la vasta gamma di personaggi è in grado di regalare. Fortemente integrate all’interno del titolo sono, come già detto, le meccaniche di grind e farm, che al prezzo della pazienza di affrontare innumerevoli combattimenti, offre il modo di avere un team sempre più potente e in grado di affrontare la crescente forza degli avversari, fino alla battaglia finale e oltre.

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Monark vuole essere un percorso nella scoperta di se stessi e una sfida al degrado morale che si incarna nelle figure dei peccati capitali e relativi Pactbearer in un contesto leggero come quello scolastico. Avatar di questo viaggio, il prodotto propone momenti di intrattenimento di buona qualità, spesso legati alla chiave tattica del gameplay, che momenti un po’ più derivativi, il più delle volte relativi alle lunghe sessioni di dialogo tra i personaggi, che non riescono ad essere assolutamente incisivi anche a fronte di tematiche interessanti.

La Colonna Sonora proposta, opera di Tsukasa Masuko risulta una delle componenti maggiormente riuscite, e accompagna il giocatore attraverso degli altissimi nel corso di tutta la storia, risultando perfettamente in grado di venire ricordata anche una volta conclusa l’avventura

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L’esistenza, nostra e del mondo, è in bilico nel titolo di Lancarse e Furyu: le battaglie che dovremo affrontare saranno impegnative ed epocali, ma prima ancora di svolgersi sul campo, infurieranno dentro di noi, andando a forgiare la nostra anima attraverso i magli infuocati dei peccati capitali. L’ultimo colpo però sarà quello della speranza, ed è a questo potere che ci appelleremo per salvarci.

Non si tratta più di governare il potere di un demone, o dominare un complesso scolastico. Siamo chiamati ad essere i monarchi della nostra anima.

 

 

*Versione testata: PS5, grazie al codice fornito dagli sviluppatori

Monark

File voto recensioni 18 Serial Gamer

  • Trama/Ambientazione 62% 62%
  • Grafica 60% 60%
  • Gameplay 75% 75%
  • Sonoro 79% 79%
  • Longevità/Multiplayer 70% 70%
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Pietro "Pido" Ferri

Deputy Editor di Serial Gamer, viaggia per i Videogames, si guarda in giro, fa foto, respira l'aria. È un po' come un turista, ma nel senso buono. Si interessa con dedizione all'approfondimento di qualunque forma d'arte che riesca a trasmettergli emozioni

Pietro "Pido" Ferri

Deputy Editor di Serial Gamer, viaggia per i Videogames, si guarda in giro, fa foto, respira l'aria. È un po' come un turista, ma nel senso buono. Si interessa con dedizione all'approfondimento di qualunque forma d'arte che riesca a trasmettergli emozioni

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