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The Good Life – Una vita difficile – Recensione

23 Ott 2021 | Nintendo Switch, PlayStation 4, PlayStation 5, Recensioni, Recensioni Videogiochi, Videogiochi, Xbox One, Xbox One X

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Questa volta ci siamo infilati in una situazione davvero strana.

L’abbiamo aspettata per anni, l’abbiamo voluta, e quando si è presentata ci siamo tuffati al suo interno di testa e con le mani lungo i fianchi. Sembra normale (se mai in questo caso “normale” esiste), dunque, ritrovarci basiti.

The good life è un titolo che fa parlare di sé da anni, per tutta una serie di motivi che va in primis dalla firma autoriale che porta, quella di Swery65 e del suo team di sviluppo White Owls, e poi ancora per un design eccentrico, una narrazione particolare e ogni elemento su cui la critica si è potuta concentrare prima della release del titolo, avvenuta dopo diversi ritardi e rinvii. In seguito all’uscita di The Good life la situazione non è cambiata, e il prodotto, atteso con ansia, si può certamente dire che abbia stupito stampa specializzata e giocatori, forse più nel male che nel bene.

The Good life ci introduce in una tipologia di narrazione moderna, nella quale vestiremo i panni di Naomi, una reporter di New York sommersa dai debiti esorbitanti che solo la vita nella grande mela può procurare. Disincantata e caustica, la protagonista per risolvere/sfuggire alla situazione spinosa si trasferisce nella cittadina rurale di Rainy Woods, costituita da una manciata di case sperse nella campagna inglese che si fanno fregio di essere “la città più felice del mondo”, e dove gli abitanti accolgono con calore la nuova arrivata, che sin dalle prime fasi introduttive non sembra brillare per solarità e ottimismo, contrapponendo la sua personalità fredda e tipica del cittadino schiacciato dal peso di una grande metropoli all’atmosfera fresca e leggera che si respira a Rainy Woods. Noemi si trova in questo luogo determinata a fare luce sul motivo della nomea del paese per conto della sua agenzia giornalistica, mentre tenta di risalire la china dei suoi debiti: la sua situazione si complicherà però quando, non senza stupore, scoprirà che in città, nelle notti di luna piena tutti gli abitanti si trasformano in cani e gatti, per tornare poi ad essere umani con il sorgere del sole. Questo fenomeno sembra di fatto fare da fondamenta alle meccaniche sociali del paese, per le quali chi si trasforma in un cane avrà più facilità a rapportarsi con altri “cani” e viceversa per i gatti.

Naomi è sconcertata da questa scoperta, e viene ancor maggiormente colpita dal fatto di aver acquisito a sua volta la capacità di trasformarsi a suo piacimento in cane o gatto, e si ritrova davvero costretta a scoprire la misteriosa verità celata dietro questa metamorfosi, che sembra collegata a varie branche di esoterismo, senza evitare di lambire sfere mitologiche di stampo cristiano e pagano.

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E se la situazione non fosse già abbastanza strana, la città più felice del mondo sembra avere ancora altri lati oscuri da mostrare ad una già esausta Naomi. Proprio mentre la Reporter inizia a prendere le misure per vivere in quello che lei definisce il “maledetto buco infernale”, la vicenda prende una ulteriore piega preoccupante, data dal ritrovamento da parte della protagonista del cadavere di un abitante di Rainy Woods, trafitto da una antica spada.

Cosa diavolo sta succedendo in questa città della campagna inglese? Naomi non si trova più solo a dover saldare il suo debito monetario, o a dover preparare un articolo su un paesello rurale in Inghilterra per gli avidi lettori di New York; sul piatto ci sono ora le misteriose trasformazioni in felini e canidi, oltre all’omicidio di uno dei personaggi di maggiore centralità all’inizio della narrazione.

Il caos sembra regnare sovrano nella città più felice del mondo e i segreti celati tra le colline e i boschetti rischiano di soffocare la ruvida Naomi, che dovrà prendere in mano la sua vita finora e farla diventare una Bella vita, avendo ragione di ogni ostacolo che le si parerà davanti con una oscura potenza del tutto inaspettata in questo angolo bucolico di mondo.

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Parlando di gameplay, al momento del lancio della campagna Kickstarter del titolo nel 2018, Swery parlò del progetto come di un “Debt Repayment Daily Life Action Adventure”, a voler sottolineare l’importanza delle componenti che vanno a definire l’esperienza ludica proposta, che sia questa soddisfacente o meno. Il fattore Adventure rimane comunque centrale, mentre mira ad affiancarsi a quello che è il concetto di dover pagare il debito di Naomi, in grado di fatto di plasmare tutto il titolo in un tipo di esperienza tra il gestionale e il life sim.

Ma come si traduce il vivere The Good Life pad alla mano?

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Come abbiamo già accennato la parte ludica del titolo si divide in due grandi aree, che determinano poi ogni livello di percezione del gioco: trovandoci catapultati a Rainy Woods, come giocatori abbiamo la possibilità di farci trasportare dalla narrazione del titolo, che ci guida attraverso le indagini succedenti il truce omicidio che ha luogo e i misteri del fenomeno della metamorfosi, che diventa subito fattivamente una meccanica di gioco vera e propria, con abilità determinate che acquisiremo solo come felini o come canidi, tra cui la gloriosa possibilità di marcare il territorio facendo pipì in determinati spot, avvicinando The Good Life di diverse lunghezze verso il titolo di gioco dell’anno.

Scherzi a parte l’altra vi che è possibile percorrere è quella che ci permette di gettarci a capofitto nella vita di Rainy Woods, assaporando sia le meccaniche sociali presenti in città, che ci danno modo di aumentare il nostro grado di amicizia coi vari personaggi, ottenendo poi vanmtaggi di natura economica, sia le features gestionali, che ci permettono di sovrintendere il nostro terreno e le nostre finanze, avendo sempre come obiettivo quello di guadagnare abbastanza denaro da poterci affrancare dal nostro debito.

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La sporca pecunia è dunque la nostra meta finale, mentre i misteri di Rainy Woods solleticano la nostra curiosità e la nostra voglia di avventura, sopite e ottuse dopo anni di vita nella opprimente New York.

Per raggiungere dunque la somma esorbitante a noi richiesta utilizzeremo una meccanica prettamente social, attraverso la qual potremo fare delle foto in giro per la campagna inglese, e successivamente caricarle su una piattaforma di condivisione online alla quale accederemo dal pc disponibile presso casa nostra. In base alla qualità delle foto e agli hashtag che porterà con sé, questa ci frutterà un piccolo ammontare di dollari, ma che sommato a tutto un comparto di missioni secondarie che ci richiederanno di fotografare determinati obiettivi, sarà la nostra principale fonte di guadagno.

In tutto questo dovremo poi fare i conti con i bisogni di Naomi, provvedendo a saziare la sua fame, alla sua igiene e alla sua salute: per fare questo saremo dunque chiamati ad appellarci alle nostre competenze di gestione del Life Simulator, in modo tale da avere una protagonista sempre in forma e pronta ad affrontare tutte le situazioni che la apparentemente placida Rainy Woods gli porrà davanti.

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Non si tratta alla prova dei fatti di un apparato di gameplay del tutto insoddisfacente, per quanto l’incedere della narrazione sia viziato da meccaniche sempre simili e il susseguirsi di missioni per la verità noiose, avvertibili come parte di una storiella tiepida immersa all’interno di una cornice davvero troppo diluita da una mappa enorme ma semivuota e meccaniche di life sim che sembrano spesso solo dei riempitivi. Il fatto è però che già da una prima analisi The Good Life sembra non trovare una sua personalità definita, sperso tra il voler inseguire un piglio più rimandante ad un action adventure e il desiderio di proporre atmosfere che ricordano titoli altri e ben più blasonati del calibro di animal crossing.

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Altro comparto totalmente insufficiente è quello tecnico.

Il lavoro di White Owls da questo punto di vista è infatti assolutamente insoddisfacente, e il fatto che lo studio ci abbia già abituati a situazioni come queste contribuisce solamente a gettare maggior ombra sull’intera produzione piuttosto che nascondere il risultato dietro la scusante della mano autoriale, ormai da anni non giustificabile.

The Good Life, bisogna dirlo, sembra appartenere ad almeno 4 generazioni di videogiochi fa, ed anche allora sarebbe risultato insufficiente a qualunque analisi. Se infatti i poligoni del tutto grezzi e squadrati, affiancati da un comparto di animazioni ruvido come cartavetrata possono ancora rientrare tar le scelte artistiche dello sviluppatore (sebbene la spinta caricaturale vada poi a far strizzare l’occhio sempre al solito Animal Crossing, con il rischio di far cadere il titolo nel qualunquismo), la resa a schermo rimane una assoluta debacle. L’opera di White Owls nella sua versione PS4 (testata comunque su PS5) presenta lacune enormi sul lato in questione, con importanti cali di frame rate anche in situazioni incomprensibili, tempi di caricamento di aree di gioco semivuote che superano i 15 secondi e un evidente aliasing. A questo si aggiunge poi un forte fenomeno di flickering delle immagini, anche a telecamera ferma, che crea brevi e fastidiosissimi lampi verdi a schermo a breve intermittenza, con risultati pessimi non solo per l’esperienza di gioco, ma anche per la fruizione serena del titolo dal punto di vista visivo, alla faccia di ogni informativa sull’epilessia ad avvio applicazione.

Se certo i titoli precedenti di Swery e compagni avevano fatto comunque parlare di loro ai rispettvi tempi per quanto riguarda carenze tecniche, si può tranquillamente dire che, sempre parlando solo di questo lato, siamo davanti al punto più basso toccato.

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In conclusione, The Good Life non può essere un titolo in grado di soddisfare nessuno, a partire dai giocatori e a finire con gli sviluppatori stessi. Se anche in un salotto di discussione è possibile intavolare un dibattito su quelle che sono delle componenti interessanti per il titolo, che sono certo presenti, in sede di valutazione secca con voto, questo non può essere assolutamente sufficiente. L’opera presenta degli spunti narrativi interessanti e un concept che viene sviluppato in maniera singolare, seppur inconcludente. Ciononostante, le forti lacune presentate dal gameplay, e il buco nero del comparto tecnico sono le croci che condannano l’opera di Swery ad un roboante, e per molti aspetti fascinoso, fallimento.

*Versione testata: PS4, grazie al codice fornito dal publisher

 

The Good Life

File voto recensioni 8 Serial Gamer

  • Trama/Ambientazione 70% 70%
  • Grafica 40% 40%
  • Gameplay 55% 55%
  • Sonoro 65% 65%
  • Longevità/Multiplayer 60% 60%
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Pietro "Pido" Ferri

Deputy Editor di Serial Gamer, viaggia per i Videogames, si guarda in giro, fa foto, respira l'aria. È un po' come un turista, ma nel senso buono. Si interessa con dedizione all'approfondimento di qualunque forma d'arte che riesca a trasmettergli emozioni

Pietro "Pido" Ferri

Deputy Editor di Serial Gamer, viaggia per i Videogames, si guarda in giro, fa foto, respira l'aria. È un po' come un turista, ma nel senso buono. Si interessa con dedizione all'approfondimento di qualunque forma d'arte che riesca a trasmettergli emozioni

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