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Sea of Solitude: The Director’s Cut – Guardiano del mio Faro – Recensione

12 Mar 2021 | Recensioni Videogiochi, Nintendo Switch, PC, PlayStation 4, Recensioni, Videogiochi, Xbox One

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Il mare di notte ha un suo fascino, certo. Perdere la vista nell’oscurità all’orizzonte, sentire il vuoto intorno a se, essere soli. È come mettere la testa sott’acqua e abbandonarsi ai suoni che ci sono sotto le onde, con l’inconscia certezza di poter riemergere in qualsiasi momento.

Il mare di notte ha il suo fascino, ma se siamo noi a portarci dietro la notte la situazione cambia.

Sea of Solitude è uno di quei titoli che adoro, e già lo sapevo alla sua presentazione anni fa. Sviluppato da Jo-Mei ed edito nientemeno che da Electronic Arts, il titolo è stato reso disponibile in prima battuta in versione esclusivamente digitale per PC, Playstation 4 e Xbox One, e successivamente in una versione fisica ed estesa nominata Director’s Cut anche su Nintendo Switch, dove ho avuto il piacere di provarlo.

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La narrazione ci mette subito nei panni di Kai, una ragazzina dall’aspetto oscuro e peculiare che si trova al largo di un mare che sembra infinto braccata da un mostro marino che sembra vere come unico scopo la caccia a questa. Kai è allo stremo delle forze, sia mentali che fisiche: l’oscurità che la avvolge dura da tempo immemore e la ragazza non ricorda né luce né riposo, oppressa da qualcosa di più potente anche di un mostro che nuota sotto la superficie dell’acqua a cerchio appena distante dalla sua bagnarola.

La situazione cambia quando però appare a Kai una luminosa figura, rassomigliante del tutto ad una solare bambina che levita davanti a lei e in poco tempo mostra alla protagonista come affrancarsi dall’oscurità, come se fosse la cosa più semplice del mondo. La ragazza luminosa guida Kai attraverso alcuni passaggi acquatici, scavati tra le rovine di una città sommersa, fino a che non sparisce alla vista, visibilmente preoccupata per l’arrivo di altre mostruose creature.

Kai è di nuovo sola, ma questa volta con la forza di reagire a ciò che le capita. A bordo della sua piccola barchetta a motore, la nostra protagonista ora sa come farsi strada attraverso il mare, creando la luce necessaria ad affievolire le tenebre che la bloccavano. La bambina cercherà di seguire la figura luminosa e lungo il percorso di affrontare i mostri che ne bloccano l’avanzata, Il viaggio sarà fantastico ed evocativo, ma non certo di piacere: uno tsunami di domande mareggiano nella mente di Kai: come è arrivata in questo posto che sembra essere tutt’altro che fisico? Qual è la natura dei giganteschi mostri che lo abitano e della figura luminosa? E soprattutto, come potrà affrancarsi da questa opprimente situazione? Tutte le risposte verranno cercate e trovate in un solo posto: dentro di noi. È ora di partire.

Il gameplay di Sea of Solitude è quello di una guerra: due schieramenti nemici che si stagliano ai lati di una grande piana vuota. Uno è armato di tutto punto, con spade e asce. L’altro solo con violini. La cosa peculiare è che l’esito della battaglia non è scontato e la cosa ancora più strana è che entrambi gli schieramenti sono mossi dalla stessa persona.

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Andiamo per gradi: Pad alla mano il titolo si presenta come un action adventure abbastanza canonico, in cui le ambientazioni si snodano per macroaree e noi, impersonando l’oscura kai, dovremo trovare una strada per procedere da una zona all’altra attraverso l’interazione con determinati punti nevralgici e la risoluzione di semplici puzzle ambientali. Ad arricchire l’offerta, e a spronare i giocatori a setacciare ogni angolo del mondo, saranno poi presenti alcune classi di collezionabili, utili per sbloccare achievements e trofei e soprattutto per scoprire qualcosa di più sul passato della protagonista.

La progressione all’interno della campagna è liscia e piacevole, e lascia tutto il tempo per riflettere su quelli che sono i reali temi trattati nell’opera.

Sea of Solitude infatti si ammanta sin dal primo momento di una patina di sensazioni oniriche e percezioni che suggeriscono chiaramente di non essere davvero in un luogo fisico: Le ambientazioni mutano con troppa semplicità seguendo una fisica che non è quella del nostro mondo, le luci sono inaffidabili e la presenza di enormi nostri dagli occhi rossi è solo l’ultimo elemento sulla bilancia. Anche questo si tratta di un mistero da risolvere, le cui risposte sono da cercare nelle emozioni di Kai, Le sue Paure, insicurezze e speranze, che sembrano in questo luogo così forti e materiali, tanto da guidarla o ostacolarla sul corso di una strada che ancora non sappiamo dove porta.

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Graficamente il titolo di Jo Mei è in grado di portare un fortissimo impatto sin dal primo minuto: le ambientazioni oscure e luminose si susseguono con ordine e senza mai stancare, e la sceneggiatura della narrazione tiene i giocatori con gli occhi incollati allo schermo, grazie anche alla grande fluidità di frame rate di cui il gioco gode e il colpo d’occhio sempre brillante, figlio di ambientazioni non definite da alcuna velleità di fotorealismo ma perfette nella loro semplicità di forme, ricchezza di dettagli e luminosità dei colori pastello utilizzati.

Su Nintendo Switch poi l’opera si arricchisce, come già indicato nella sua Director’s Cut, che introduce una soddisfacente Photo mode, tutta una pletora di cut scene estese e un nuovo cast di doppiaggio, ad impreziosire un’opera già maestosa, che sbarca per la prima volta sulla console Ibrida di Nintendo. Su questa piattaforma, come sempre, il titolo gode della duplice possibilità di essere giocato nella sua versione portatile o Docked, aumentando da questo lato incredibilmente le sue potenzialità ma dall’altro chinandosi un poco alla limitatezza dei controller Joy co, che in più di un’occasione si mostrano imprecisi nel supportare un’opera aperta come questa a causa delle inclinazioni della levetta minori rispetto a quelle delle console di nuova generazione, dove speriamo con tutto il cuore che la Director’s Cut possa ugualmente arrivare prossimamente.

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In conclusione con Sea of Solitude scopriamo ancora oggi, a due anni dal suo rilascio, un’opera incredibilmente matura sotto ogni suo punto di vista, grafico, tematico e anche a livello di gameplay. L’esperienza lambisce la perfezione del genere di appartenenza con un colpo d’occhio evocativo, una colonna sonora praticamente senza difetti e un’atmosfera che si cuce addosso al giocatore facendogli respirare a pieni polmoni tutta l’aria di un mare che si percepisce tanto calmo e vasto, quanto abitato da creature che forse dovremmo lasciare dormire.

In Sea of Solitude c’è tutto: l’introspezione, il focus sul personaggio e su di noi, l’apertura e il piacere del viaggio. Se durante il nostro percorso saremo poi chiamati a fronteggiare i nostri stessi mostri avremo il coraggio di farlo: In questa esperienza noi siamo Luce, Oscurità, Mare e gli stessi mostri. Abbiamo tutto ciò che ci serve e a questo giro ci è stato tutto gentilmente offerto attraverso uno dei videogiochi migliori del genere, da suggerire al posto di un libro.

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Sea of Solitude: The Director's Cut

8.7

Trama / Ambientazione

9.0/10

Gameplay

8.5/10

Grafica

8.7/10

Sonoro

8.7/10

Longevità

8.5/10

Pietro "Pido" Ferri

Deputy Editor di Serial Gamer, viaggia per i Videogames, si guarda in giro, fa foto, respira l'aria. È un po' come un turista, ma nel senso buono. Si interessa con dedizione all'approfondimento di qualunque forma d'arte che riesca a trasmettergli emozioni

Pietro "Pido" Ferri

Deputy Editor di Serial Gamer, viaggia per i Videogames, si guarda in giro, fa foto, respira l'aria. È un po' come un turista, ma nel senso buono. Si interessa con dedizione all'approfondimento di qualunque forma d'arte che riesca a trasmettergli emozioni

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