Sviluppato dalla software house indipendente Oldmoustache Gameworks e pubblicato da Artcom FZC, No70 Eye of Basir è un avventura puzzle game in prima persona che si svolge intorno ad elementi tipicamente horror/psicologici con un gameplay che fa riferimento ai classici del genere a cui appartiene, in cui non vi è la possibilità di difendersi e le minacce sono rappresentate per lo più dagli enigmi che il giocatore troverà di fronte a sé, costringendolo a “sfoderare” il proprio ingegno per proseguire nella storia.
Sebbene la premessa sopracitata possa subito far pensare ad una specie di Outlast, dove corpulenti e psicopatici villain ci rincorreranno mettendoci alle strette, cogliendoci continuamente impreparati e impotenti; paragonarlo però strettamente ad un titolo di questo tipo sarebbe un errore in quanto, come chiunque avrà modo di accorgersi provando il gioco, nessuna presenza fisica ci starà alle calcagna, lasciando che le nostre menti siano concentrate esclusivamente sui grattacapi, gli unici veri antagonisti.
Alla luce di questo, No70 Eye of Basir riesce comunque ad insinuare nel giocatore quel senso di inquietudine e di angoscia tipico di ogni horror psicologico che si rispetti? Scopriamolo insieme in questa nostra recensione, analizzando nel dettaglio gli aspetti più salienti che contraddistinguono quest’opera.
Una casa infestata da ricordi

L’intreccio, ambientato in Turchia, ruota attorno alle vicende di due fratelli, Aras ed Erhan, ognuno rimasto a modo suo sconvolto dalla morte della nonna, evento che ha causato la loro separazione portandoli ad intraprendere strade e carriere lavorative completamente diverse (il primo come archeologo, il secondo come Creative Director).
Nessuno dei due, tuttavia, riesce a non pensare alla propria infanzia, periodo in cui vivevano ancora insieme, ed agli avvenimenti che si verificavano nella strana casa in cui abitavano, in cui gli oggetti e gli arredamenti sembravano cambiare la propria posizione continuamente ed apparentemente da soli, senza alcuna spiegazione logica, e potevano notare “cose” passare attraverso le porte. Erhan, in particolare, ricorda che un giorno ha notato un piccolo cofanetto custodito dalla nonna la quale lo ha colpito alla mano non appena si è avvicinato per aprirlo, infuriandosi come mai prima di allora, avvenimento che ha sempre lasciato perplesso il ragazzo.
È evidente come attorno a quella casa e alla famiglia vi sia una fitta coltre di mistero che spinge i due fratelli, spinti sempre di più dalla loro curiosità, ad indagare sul passato cercando di svelare i segreti più oscuri che risiedono nella loro abitazione, la No70.
Una mattina, nel primo capitolo di gioco, uno dei due fratelli si sveglia con la sensazione che qualcosa non vada ed è proprio quando decide di esplorare il luogo, per capire che cosa stia succedendo, che scopre di essere in balia di “fenomeni” che non è in grado di controllare: è possibile notare oggetti che si spostano, l’ambiente di gioco cambia mentre lo stiamo esplorando rivelando nuovi percorsi, stanze di cui prima si ignorava l’esistenza si palesano di fronte al personaggio (e al giocatore) e così via, fino ad arrivare a vere e proprie presenze ultraterrene che interagiranno con noi e con ciò che ci circonda.
Guardare le cose da “un’altra prospettiva”

Le meccaniche del gameplay di No70 Eye of Basir, così come la stessa interfaccia di gioco, sono ridotte all’essenziale e consistono, nella maggior parte dei casi, nel risolvere puzzle raccogliendo oggetti, elencati in una barra laterale situata sullo schermo in basso a destra, ed utilizzandoli nel posto giusto; il tutto senza alcuna fretta o soggezione data da ipotetici cattivi di turno che ci stanno alle costole: questo potrebbe far pensare che si tratti, più che di un vero horror, di un “walking simulator” con qualche enigma da risolvere.
Ciò che contraddistingue maggiormente il titolo però è il ritrovamento di un artefatto molto particolare da cui l’opera prende appunto il nome, l’Occhio di Basir, una specie di lente, utilizzabile col tasto destro del mouse, attraverso la quale è possibile osservare presenze, oggetti e verità che provengono da dimensioni diverse da quella reale e che, a quanto sembra fin da subito, sono la causa di tutti gli strani fenomeni che si verificano in game.
La componente psicologica, che fino a questo momento sembrava essere messa in discussione, viene finalmente rivelata, quasi come se fosse lo stesso oggetto di gioco a mostrarcela: il giocatore è costretto a proseguire nella storia con la consapevolezza che ciò che vede coi propri occhi non è una “versione completa” della verità che lo circonda e tutto ciò che accade di diverso dal normale potrebbe essere scaturito da qualcosa di cui non conosciamo né l’entità né la provenienza; questa nuova realtà ci viene presentata all’improvviso, in modo brusco ed irrazionale da un oggetto, tanto sconosciuto quanto il contorto ambiente di gioco, che sì ci aiuta ma, allo stesso tempo, può incutere la stessa soggezione che ci farebbe provare uno psicopatico cattivo di Outlast.
No70 Eye of Basir: sa mettere “a fuoco” i dettagli ma…

Il fiore all’occhiello del nuovo titolo di Oldmoustache Gameworks è senza dubbio il comparto grafico che, sebbene con qualche lieve calo di frame e freeze a risoluzione massima che comunque non ostacolano in maniera eccessiva il gameplay, riesce a deliziare il giocatore con un ambiente di gioco realizzato meticolosamente, con una cura per i dettagli che sa veramente sorprendere, un piacere per gli occhi davvero notevole che difficilmente ci si aspetta da un titolo indipendente con un prezzo così ridotto (€6,99 su Steam se lo si acquista entro il 5 luglio, altrimenti €9,99).
Anche la componente sonora di No70 Eye of Basir, sebbene non faccia gridare al miracolo riesce, grazie ad una soundtrack orecchiabile e a suoni ambientali che sanno contribuire a meravigliare durante l’esplorazione e ad incutere timore nei momenti di maggiore enfasi, a colpire nel segno e a non annoiare in nessuno dei tre livelli disponibili.
Nonostante questi due aspetti contribuiscano notevolmente a creare un ambiente di gioco molto piacevole (se così si può definire un horror psicologico) vi sono tuttavia delle note dolenti che affliggono questo titolo e che, sebbene non comportino conseguenze tali da renderlo ingiocabile, possono lasciare un po’ a bocca asciutta soprattutto i giocatori più pignoli.
Uno di questi ultimi l’ho personalmente riscontrato nell’intreccio, il quale descrive le vicende e gli aspetti più salienti dei due fratelli Aras ed Erhan, ma non entra mai nei dettagli a discapito dell’introspezione dei personaggi che vengono semplicemente presentati per poi essere lasciati quasi in disparte; si spera che i contenuti aggiuntivi, che a quanto è possibile leggere nel menu di gioco saranno presto disponibili, risolvano almeno parzialmente questo problema.
Discutibile è anche la scelta di narrare la vicenda in prima persona, con il protagonista che parla al passato: sicuramente uno stile di questo tipo fa presupporre che gli eventi descritti, in quanto già avvenuti, hanno particolarmente segnato la vita dell’interlocutore e ciò dà un tocco di solennità alla storia; trattandosi però di un horror psicologico, ridurre l’intera trama a quello che è di fatto un flashback, può gravare su quanto il giocatore si aspetta dal finale del gioco stesso tanto che, dall’inizio della partita, ci si potrebbe chiedere: se chi sta parlando ci sta di fatto raccontando una storia ed è quindi sopravvissuto, quanto di spaventoso e mortale potremo trovarci di fronte? Fortunatamente, come descritto in precedenza, la suspance all’interno di No70 Eye of Basir non manca, altrimenti tutti gli elementi psicologici appena descritti sarebbero venuti meno proprio per via di questo tipo di narrazione.
È fatto abbastanza comune in un gioco provare ad affacciarsi ad uno specchio per poi scoprire che la propria immagine non viene riflessa, questo perché, come spesso accade, il proprio personaggio non è stato modellato in quanto si tratta di un titolo in prima persona o non vengono calcolati i rilessi in tempo reale; se però a questi ultimi vi sono collegati degli enigmi che se non risolti non consentono di procedere nella partita, non si può a quel punto fare a meno di notare questo particolare che può lasciare un po’ perplessi.
Conclusioni

Nonostante qualche piccolo difetto, No70 Eye of Basir risulta un’opera godibile, grazie ad una grafica che mette in risalto e definisce ottimamente ogni minimo dettaglio e ad un’esperienza di gameplay peculiare, grazie all’oggetto da cui il gioco stesso prende il nome.
La sua durata, che si aggira intorno alle quattro/cinque ore, può, come in ogni puzzle game, variare notevolmente in base a quanto il giocatore è in grado di spremere le proprie meningi e, rapportata al prezzo già indicato, risulta adeguata.
Tornando però alla domanda iniziale, il titolo riesce senza dubbio, a modo suo, a far provare quella sensazione di inquietudine tipica dello stile videoludico a cui esso appartiene e non c’è dubbio che possieda del potenziale; se gli sviluppatori si adopereranno per colmarne le lacune, aggiungendo magari come già annunciato qualche contenuto extra, lo renderanno sicuramente molto appetibile per gli amanti del genere.






