Una delle cose che il mio caro padre mi ha trasmesso, oltre all’alopecia, è la passione per la saga di Conan il Barbaro.
Ora a 25 anni suonati mi trovo a doverlo ringraziare per una di queste due eredità.
Qualche settimana fa infatti Funcom e Petroglyph Games hanno reso disponibile l’ultimo capitolo della saga videoludica del cimmero più amato, reso come sempre in maniera totalmente diversa dalla precedente, ancora alla scoperta della dimensione migliore per il cruento Conan su schermo.
Il risultato è Conan Unconquered, uno strategico in tempo reale che trascina l’universo narrativo creato originariamente da Robert E. Howard In un contesto ludico simile ai capisaldi del genere Age of Empires e StarCraft.

La veste che assume in questo caso il celebre protagonista, si dimostra nell’ambito del gameplay comunque piacevole: lo strategico in tempo reale lascia in realtà poco spazio alla narrazione per concentrarsi maggiormente sul dispiegamento delle meccaniche, da padroneggiare velocemente se si vuole sopravvivere nel crudele mondo del cimmero.
Conan Unconquered non è un titolo pensato per i neofiti del genere, ma ruvido come il suo protagonista è volto a far provare esperienze hardcore di buona difficoltà per i veterani. Come la guerra.

La modalità campagna che il prodotto propone, come dicevo non si concentra particolarmente sul carattere narrativo fantasy a cui si presta il protagonista, anche vista la sua debolezza sul piano storico e di longevità ma immerge il giocatore immediatamente prima di una battaglia per la quale prepararsi in fretta e nella maniera migliore: il dispiegamento delle strategie che ci saremo immaginati sarà dunque figlio solamente della nostra efficacia nel figurarci il modo migliore di vincere.
Nessuna epopea guerresca particolarmente interessante quindi: la modalità campagna è presente nel titolo unicamente come articolato tutorial per farci prendere coscienza di tutte le meccaniche, il ruolo delle nostre costruzioni e la potenza dei nostri (pochi) eroi.
Conclusa questa parentesi ci si può pertanto gettare a capofitto nelle partite pve, dove il giocatore si troverà catapultato in un mondo di gioco generato proceduralmente e sarà chiamato ad aver ragione dei suoi nemici, difendendosi dalle sue orde. È questo in ultima analisi il vero fulcro di Conan Unconquered: un susseguirsi di partite della durata di 1/2 ore mai uguali, ma sempre troppo simili. Gestire la posizione sulla mappa, trovare le risorse per sopravvivere, destreggiarsi tra i menù non facilmente intellegibili, resistere all’attacco, ripetere.
Niente fronzoli di gameplay, niente epica di narrativa.
Pragmatismo è la parola d’ordine in questa guerra: non esiste infatti nessun bisogno di trovare piacere nell’uccidere un nemico, ma solo quello di mettere a bilancio la sua dipartita per proseguire verso il prossimo obiettivo.
La lama di Conan non è mai stata così fredda.

Dal punto di vista tecnico, anche se al primo sguardo nessun problema sembra emergere, un’analisi più approfondita rivela dei lati d’ombra comunque notevoli.
Il gioco corre rapido senza perdere frame, e a schermo si fa giustizia armi in pugno: il comparto grafico è infatti davvero molto “ruvido”, per usare un termine contestuale, e ha la sua ragione in un apparato di texture davvero molto semplici, un numero infimo di animazioni dei personaggi e un impatto visivo che ricorda davvero troppo titoli ormai datati. In realtà per il genere di appartenenza questo non è mai stato un difetto particolarmente pesante, ma resta il fatto, signori, che siamo nel 2019, non nel 2003, e che quindi qualcosa di più col senno del poi poteva essere fatto.
Anche la colonna sonora si limita a fare il suo compitino senza mai sperticarsi in qualcosa che possa essere ricordato. Che sia proprio questo approccio ad ammorbare tutto il prodotto?

In conclusione, Conan Unconquered risulta essere solo un altro tentativo di rendere giustizia ad un brand che ancora una volta non riesce a convincere appieno nel suo essere reso a videogame.
Crom è un dio che dispensa solo maledizioni, e quella di Conan sembra proprio essere il non trovare la sua dimensione videoludica.
Il prodotto di Funcom e Petroglyph Games infatti, pur di un notevole interesse, presta il fianco troppe volte durante la sua battaglia per la consacrazione, dovendo ben presto fare della sua spada insanguinata un sostegno per rimanere in piedi.
La narrativa viene sacrificata al gameplay e questo è accettabile (per quanto uno spreco, visto il personaggio): il problema sorge quando questo gameplay, che dovrebbe essere dunque il punto focale della produzione, viene impiegato solo in due modalità di gioco, entrambe alla lunga ripetitive. A supportare il tutto il comparto tecnico risulta datato, e conseguentemente ottimo per i veterani del genere, ma duro da accettare per i neofiti.
Anche questa battaglia è passata quindi, e ha lasciato dietro di sé profonde cicatrici. I fan di Conan di tutto il mondo sperano solo che questa abbia regalato anche un altro po’ di esperienza da cui ripartire per compiere i prossimi passi sui cadaveri delle legioni nemiche.
*Versione testata: PC, grazie al codice Steam fornito dal publisher