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Papillon: Un remake necessario? – Recensione

11 Lug 2018 | Recensioni Film, Cinema, Recensioni

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Quando sentiamo parlare dell’ennesimo remake di un film cult, i nostri pregiudizi sono istantanei e potrebbero privarci di un’opera ben fatta, forse più interessante dell’originale. A volte succede, come ad esempio The Thing di Carpenter o Scarface di De Palma; entrambi sono remake ma anche capolavori, tuttavia sono due grandissimi autori a realizzare questo tipo di operazione commerciale, mentre per Papillon, Michael Noer (regista del remake) non può dirsi un regista così talentuoso come i suddetti appena citati. Visionare una pellicola prevenuti sulla sua fattura è sbagliato, ma è altrettanto importante non avere alte aspettative per alcune operazioni che sembrano, già in partenza, completamente dimenticabili a causa dei nomi coinvolti nel progetto. Il lungometraggio in analisi, basato sull’autobiografia di Henri Charrière, racconta la prigionia di Papillon negli anni trenta, il quale tenterà la fuga subendo gravi conseguenze.

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Sicuro di sé, tenace e dal fisico robusto, Henri Charrière (Charlie Hunnam) è un piccolo delinquente accusato di un omicidio che non ha mai commesso, finendo per essere condannato presso il carcere in Guyana. Per evadere dalla prigionia, il protagonista cercherà di conquistare l’amicizia di Louis Dega (Rami Malek), un falsario che nasconde una fortuna molto utile ai fini della fuga. Sembra impossibile fuggire ma il desiderio di libertà in Henri non lo abbandona mai, cercando anche quando tutto è contro di lui, una speranza per ritornare a essere un uomo libero.

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Raccogliere il testimone di Steve McQueen e Dustin Hoffman non deve essere stato facile per i giovani interpreti di questo remake, il quale cerca di differenziarsi dall’originale immediatamente con il prologo, facendoci scorgere diverse sfumature del protagonista. Nell’interpretazione dei ruoli primari, Charlie Hunnam e Rami Malek adottano uno stile di recitazione molto fisico (come l’originale) comunicandoci forze e debolezze di corpi costantemente in difficoltà; lavori forzati, risse e fughe rocambolesche fallimentari, segneranno per i personaggi principali delle ferite che aiuteranno a costruire un rapporto d’amicizia molto intenso e duraturo. Sebbene ci sia un impegno evidente da parte gli attori, le sensazioni di disturbo e debolezza fisica non arrivano agli spettatori che vedono Henri e Louis sempre dotati di una certa bellezza, la quale dovrebbe trasformarsi in qualcosa di molto più sgradevole per ottenere l’effetto desiderato. Anche la sporcizia della prigionia, il fango durante i lavori forzati e il sudore non infastidiscono lo spettatore, a causa di una messa in scena poco incisiva che non riesce a far trasparire davvero la condanna di questi uomini.

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Nel paragone con l’originale, il remake aggiunge un prologo e una conclusione differenti ma nella centralità del racconto, non possiede quella forza visiva per farci soffrire e disturbare insieme ai personaggi che rimangono troppo adorati dalla macchina da presa. Ogni qual volta ci ritroviamo a visionare prodotti di questa tipologia, non importa se siano remake, reboot o sequel, la prima domanda che sorge spontanea è: “ C’era davvero bisogno?” Forse, ma solo per riscoprire o scoprire Papillon del 1973, il remake invece pur non essendo malfatto, è molto dimenticabile e inferiore all’originale.

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6.3

Regia

6.5/10

Fotografia

7.0/10

Montaggio

6.0/10

Interpretazioni

6.0/10

Sceneggiatura

6.0/10

Pro

  • Messa in scena non scabrosa

Contro

  • Dimenticabile
  • Visivamente poco incisivo

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