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Tredici (Thirteen Reasons Why) – Recensione

17 Apr 2017 | Recensioni Serie TV, Recensioni, Serie TV, Speciali

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6 giorni. Questo è il tempo che ho impiegato per terminare la serie Netflix Tredici, disponibile a partire dal 31 Marzo 2017. Non lo si può certo aggiungere alla lista dei record di velocità per la visione di telefilm, ma questo sarà dovuto alla mancanza di tempo per guardare la serie di tredici puntate (di poco più di 50 min ciascuna) o alla mancanza di quel qualcosa che spinge a divorarla in mezza giornata? Io la risposta la so, ma vorrei partire dal principio.

La prima puntata si apre con la voce di una ragazza, Hannah Baker, che annuncia in modo scherzoso di prestare attenzione alle sue parole; allo stesso tempo viene ripreso un armadietto tipico dei licei americani sul quale sono attaccati numerosi biglietti e una foto. Ci si mettono pochi secondi quindi ad intuire che la voce è stata registrata ed appartiene ad una ragazza non più in vita, cosa che diventa chiara nel giro di poche scene. Fin dalla prima puntata è Hannah stessa a condurre il gioco: prima di commettere il suicidio ha inciso 7 cassette radio (obsolete nella vita reale quanto nella serie tv, annunciata nell’ottobre 2015 dall’adattatore Brian Yorkey, realizzata con la collaborazione di Selena Gomez, girata nel 2016 e ambientata nello stesso periodo)  nelle quali spiega le 13 ragioni – una per ogni lato delle cassette, più un lato vergine – di questo gesto estremo e accusa chi ne è stato la causa.

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A rendere tutto più interessante è il protagonista Clay Jensen poiché viene tratteggiato come un normale liceale “a posto” e non si riesce ad intuire in alcun modo come sia venuto in possesso delle cassette. Ah già! Le regole del gioco! Hannah ha organizzato tutto in modo che tutti i colpevoli sappiano in che modo hanno contribuito alla sua morte: dal primo all’ultimo dovranno ascoltare le cassette e poi passarle a chi compare dopo di loro nella narrazione; se uno decidesse di non rispettare le regole non sarebbe un problema in quanto ne esistono una copia e un custode.

La tematica è forte, il metodo è curato, la serie è ben realizzata e ogni puntata è autoconclusiva o quasi…insomma si conosce già il finale, che senso avrebbe lasciare punti in sospeso tra una puntata e l’altra? Ma qui sta il genio dell’autore dell’omonimo romanzo, Jay Asher, il motivo per cui non si riesce a non guardare la puntata successiva: Clay non sta nella prima cassetta. Si condivide col protagonista l’agonia nel non sapere cosa si è fatto per spingere la persona da cui si era segretamente attratti al suicidio e si condivide anche la rabbia derivante dal venire a conoscenza dei gesti compiuti da tutti gli altri ragazzi che vengono nominati nelle cassette, a cui viene dedicato un intero lato. La serie si sviluppa creando un tutt’uno tra la realtà che vive Clay, il passato vissuto da Hannah in prima persona e anche una realtà alternativa e impossibile, in cui sono presenti entrambi.

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Il protagonista ripercorre le tappe proposte dalla ragazza e segnate su una mappa allegata alle cassette, ha modo di interagire con gli altri ragazzi e parlare con loro indignandosi per il fatto che siano rimasti così distaccati dal suicidio nonostante la loro consapevolezza, ha modo di soffrire un lato dopo l’altro per non averla aiutata quando era in tempo fino ad essere condotto quasi alla pazzia.

Gli aspetti oltremodo interessanti di questa serie sono numerosi, a partire dal fatto che si vedono in primo piano le storie di coloro che rimangono dopo un suicidio: i genitori distrutti dal dolore e in cerca di risposte, la causa con la scuola che deve difendersi dalle accuse per non aver avuto i mezzi per accorgersi della situazione e per salvare Hannah, i ragazzi più o meno colpevoli del gesto e le loro reazioni diverse. Ci sono persino le diverse reazioni dei loro genitori! Chi protegge il figlio, chi si preoccupa di perderlo, chi se ne frega, chi pensa solo a salvare la faccia.

È sicuramente una serie TV che consiglierei di far vedere nei licei perchè gli studenti si possono immedesimare nei protagonisti di 16-18 anni e possono capire molte cose, sia che siano dalla parte della vittima che dalla parte dei “colpevoli”. Persino le scuole stesse potrebbero trarre spunti per prevenire bullismo e violenza sugli studenti, oltre ad aiutare chi è in difficoltà per qualsiasi motivo. Uno degli aspetti più interessanti è infatti  la presenza di storie secondarie riguardanti altri personaggi che vengono descritte nelle cassette o si possono vedere nella vita di tutti i giorni dei ragazzi: altre storie di maltrattamenti e violenza vissute da chi, in un modo o in un altro, ha trovato i modi per sopravvivere; questo fornisce allo stesso tempo un’idea più vasta sulla vita degli adolescenti e su come reagiscano in modo diverso alle difficoltà.

Tuttavia, non è una serie che consiglirei più in generale, direi un 6.9/10 ed ecco allora i motivi per cui non l’ho guardata in mezza giornata.

Non leggere oltre se non vuoi spoiler

I motivi del suicidio, per quanto la violenza sessuale che si scopre alla fine sia gravissima e da sola potrebbe giustificarne il pensiero, sono altrimenti a mio parere “futili”. È vero che la vita da liceale della sedicenne Hannah non è stata felice, ma essere eletta “Più Bel Sedere Del Terzo Anno” non è secondo me un motivo di tristezza (è capitato a me e col tempo ne ho fatto un vanto, ma lei il tempo non se l’è dato). Essere considerata una ragazza facile e subire alcune palpate moleste è più dura, ma Hannah è la ragazza nuova della scuola perché i suoi si sono trasferiti per motivi di lavoro e quindi perché non chiedere semplicemente di trasferirsi di nuovo? Tanto la concorrenza lì è spietata e i genitori non stanno comunque facendo una bella vita. E a proposito di genitori: una cosa che mi ha dato fin fastidio è che loro vengono tenuti all’oscuro di tutto fino all’ultimo, non un biglietto, non una parola; per i colpevoli ci sono 13 ore di spiegazioni dettagliate e per i genitori di Hannah, affettuosi e presenti per lei, non una parola. Sì, può essere per la vergogna, la ragazza può non aver voluto ammettere con loro i torti subiti, ma cavolo ti togli la vita e proprio a loro non lasci nemmeno un biglietto per spiegare??

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Per non parlare poi di Clay, che per 11 puntate invece che ascoltare le cassette e scoprire il motivo per cui compare in esse, passa il tempo a chiedere a chi compare prima di lui e a Tony – amico comune suo e di Hannah e figura molto importante per la ragazza – spiegazioni e anticipazioni su chi verrà dopo compreso lui stesso. Lui dice di non sentirsela e di non riuscire quindi a proseguire, ma dopo la terza persona che ti dice che l’unico modo di sapere la verità è ascoltare le cassette…ascoltale!  Ultimo punto, ma molto importante, mi ha dato fastidio che Hannah, pur sapendo esattamente le ragioni per cui voleva suicidarsi già da tempo, non abbia chiesto aiuto bensì abbia solo sperato che qualcuno si accorgesse della sofferenza che stava provando e che cercava di nascondere, riducendo il gesto quasi ad un’estrema richiesta di attenzione. Ed è forse per questo che adesso che si sta parlando di chiedere una seconda stagione (visto il tema così interessante, anche se per ora è più un’idea tra i fan, non escluderei che si farà), mi piacerebbe molto se si facesse e trattasse di come lei sia sopravvissuta e di come gli altri, soprattutto i genitori, reagiscono alle sue rivelazioni con lei presente.

Tutti i difetti che ho trovato sono però nella storia, non nella realizzazione, quindi i 6.9 punti su 10 vanno proprio alla capacità di coinvolgere il pubblico.

Ah no, non era l’ultimo punto: l’ultimo è che il finale non spiega molto, soprattutto che fine farà il neo maggiorenne Bryce dopo aver stuprato almeno due ragazze ed essere stato accusato,  e questo è un peccato perché tutta la serie invece è così esplicativa che questa mancanza di spiegazioni proprio all’ultimo è deludente, come quando sai di meritarti una cosa, la aspetti e poi ti lasciano lì così.

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Tredici (Thirteen Reasons Why)

6.9

Voto Serial Gamer

6.9/10

Pro

  • Tematiche istruttive
  • Ottima realizzazione delle scene
  • Numerosi punti di vista

Contro

  • Parti di trama deboli/mancanti
  • Clay (protagonista maschile) è difficile da sopportare

Silvia Caselli

Gamer durante il giorno, pasticcera la sera, ghiro durante la notte. Ah! Anche giornalista presso Serialgamer.it

Silvia Caselli

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