È invero misteriosa la natura dello Slugcat.
Traducibile in italiano con Gattocertola, questo animaletto si nutre di minuti pipistrelli o di piccoli frutti, ed è predato da una grande varietà di creature a lui superiori per stazza e appetito. Gli Slugcats sono organizzati in piccoli gruppi formati perlopiù da esemplari consanguinei, e si muovono agilmente sia a livello del suolo sia ad altitudini maggiori per eludere i predatori, sostenersi vicendevolmente, cacciare e rendere in questa maniera meno gravoso l’infimo posto che occupano nella catena alimentare.
La primavera sta sbocciando, ed è il momento dell’anno in cui più di tutti l’uomo viene messo d’innanzi a quella che è l’innegabile bellezza, grazia e vitalità della natura, ma quello che ogni realista e disillusa sa è che la vita chiede sempre un prezzo, in fatica, sangue e altro ancora. L’ecosistema che viene rappresentato in Rain World è questo: visceralità, violenza, e crudeltà. Come premio di questa gara di vita vera avremo il raggiungimento dei nostri scopi, e non ultimo, la nostra sopravvivenza.
UN MONDO DI PIOGGE
La storia del nostro giovane Gattocertola viene narrata in maniera criptica all’inizio dell’avventura attraverso una serie di immagini che ci rivelano di come questo, separatosi dal suo branco, si ritroverà completamente solo d’innanzi ad un mondo del tutto inospitale e pericoloso, e dovrà lottare centimetro dopo centimetro per ricongiungersi con il suo gruppo.
Il mondo delle piogge infatti è un luogo dove l’uomo si è estinto, e tutto ciò che resta delle città che noi giocatori conosciamo sono gli enormi palazzi e i complessi industriali divorati dai rampicanti. Violenti acquazzoni scuotono questa terra martoriata e ciclicamente cancellano ogni traccia di vita con la loro furia, che questa sia la causa della distruzione della nicchia biologica dell’uomo o solo una nuova manifestazione della natura in questa sua ultima era non è possibile saperlo, ma resta il fatto che dovremo farci i conti per assicurare un futuro al nostro bianco animaletto.
Tra le sempre umide lapidi di metallo ora si muovono nuove specie animali, sempre in conflitto per cibo e sopravvivenza: i gatticertola sono tra queste.
Il gameplay si concretizza in un survival platform con forti tinte di adventure game. Frenetico in ogni suo passaggio, i nostri passi saranno accompagnati dalla coscienza della spada di Damocle che pende sulle nostre teste: durante il nostro avanzamento tra le aree infatti dovremo sempre prestare attenzione alle miriadi di predatori che ci attaccheranno al fine di farci diventare la loro colazione, al reperimento di cibo per noi stessi e, naturalmente, alle piogge ferali. Ogni volta che sopraggiungerà il monsone infatti, noi dovremo essere protetti all’interno di determinate stanze che fungeranno da “Checkpoint” con una quantità di cibo bastevole per resistere nel nostro rifugio durante il flagello dell’acqua. Una volta usciti, ripartiremo nel nostro viaggio fino alla prossima tempesta.
DOVE OSANO I GATTOCERTOLA?
Negli ultimi anni stiamo, a mio parere, assistendo ad una mitizzazione del concetto di “difficoltà” dei videogiochi che tenta di far passare un messaggio secondo il quale se un titolo è impegnativo, offre una sfida migliore e dunque sarà superiore ad altri che richiedono un coefficiente di abilità del giocatore più alto a discapito di qualunque altro aspetto. I tutorial sono in via di estinzione e le indicazioni precise sugli obiettivi di gioco sono sempre più rare.
Io personalmente ritengo che questo sia oltremodo limitante, e che l’imperversare di questo fenomeno potrebbe seriamente nuocere al Videogioco (con la V maiuscola) come forma d’arte e non solo come sfida ludica.
Eppure riconosco che Rain Word ha tutte le carte in regola per sfruttare queste meccaniche di crescenti sforzi richiesti: questo è infatti un gioco arduo, a tratti addirittura frustrante, nel quale un susseguirsi di game over rischia di bloccarci per ore in un punto dell’avventura senza il minimo progresso.
Ciò che rende maggiormente complicato l’avanzamento nel titolo però è anche il più grande dei problemi del gioco: il sistema dei comandi infatti è tutt’altro che user-friendly, e se usando un pad (è disponibile il supporto sia per quelli Playstation4 sia per quelli Xbox One) l’imput sarà impreciso e del tutto conflittuale con l’azione che vogliamo far svolgere al protagonista, utilizzare una tastiera sarà pressoché impossibile trasformando presto le nostre tenere considerazioni su quanto sia tenero il nostro slugcat, in imprecazioni per far muovere come desideriamo il gattaccio.
L’OCCHIO FELINO CHE SCRUTA IL BUIO
Il cammino del gattocertola è minacciato da ogni parte dalla fame di simil-coccodrilli e dalla statica caccia di piante carnivore, e visto che ci troviamo davvero in un mondo crudele dove la natura non è madre, ma matrigna, trovo che una elevata difficoltà enfatizzi quella che è una lotta brutale per la sopravvivenza, e le notevoli mancanze nella narrazione siano alla prova dei fatti un buon modo per farci sentire ancora più piccoli e impauriti nelle terre che furono degli uomini.
Per quanto concerne il comparto grafico, l’adozione della pixel art è assai apprezzabile e ben curata, e nonostante forse non si sposi perfettamente con lo stile artistico utilizzato per trailer, cut scene in game e caratterizzazione dell’interessante personaggio, risulta comunque molto più che gradevole. Un discorso a parte va affrontato sulle animazioni di ogni creatura dell’universo di gioco: i movimenti fluidi e scoordinati del protagonista e dei suoi predatori infatti, da una parte riescono ad approfondire tutto il comparto visivo con una nota di carattere “disturbante” che si sposa perfettamente con l’ambiente minaccioso, ma dall’altra ricordano troppo delle meccaniche “Rag-Doll”, che permetteranno movimenti scomodi e innaturali, tanto utili a favorire i nostri nemici quanto dannosi per noi che ci ritroveremo spesso rallentati nella fuga.
La colonna sonora di Rain Word è spiccatamente minimalista, il che favorirebbe ulteriormente la percezione di un ambiente desolato e ostile: un idea encomiabile, che però purtroppo fallisce, facendo risultare alla lunga la Soundtrack solamente noiosa e priva della capacità di colpire il cuore del giocatore, anche nei momenti di maggiore concitazione per il brivido della caccia a nostre spese.
In conclusione il titolo di Videocult risulta comunque un gioco assai riuscito e meritevole di un’abbondante sufficienza: nonostante i difetti che innegabilmente mostra il titolo riesce a divertire, assuefare e trasportare in un mondo che non abbiamo tempo, per quanto magnifico, di contemplare.
Durante i suoi canti notturni, il Gattocertola errante per il mondo delle piogge non potrà assolutamente permettersi di disquisire con la Natura, di chiederle perché sia così aspro il cammino che lo attende, di domandare perché si accanisca lei sui suoi figli.
Potrà solo correre più veloce degli altri, lottare, difendersi e fuggire dalla pioggia.